Bisticci-pasticci tra governo e partiti per il Recovery e per i ritardi in corso
di Paolo Lingua
La pressione di Matteo Renzi su Giuseppe Conte per le scelte strategiche da effettuare tramite il Recovery Fund sono una volontà di crisi (e di elezioni, di conseguenza) oppure sono solo un tiro alla fune? In questo singolare clima politico e in un contesto di partiti e di esponenti dei diversi movimenti di livello non certamente eccelso né difficile formulare previsioni. Ma è altrettanto arduo cercare di capire le ragioni dei comportamenti specifici. Renzi pensa di spingere perché, alla fin dei conti, né Conte, né i partiti che sorreggono la sua maggioranza, hanno interesse al voto. Il M5s potrebbe andare a rotoli con scissioni e comunque calo di consensi, reso più pesante dal taglio dei parlamentari (voluto dagli stessi grillini quasi per autoflagellazione). L’estrema sinistra di Leu e delle altre minuscole frazioni rischiano di scomparire.
Il Pd potrebbe reggere e persino incrementare il suo consenso ma sarebbe destinato a finire all’opposizione, anche per il crollo degli alleati potenziali. Infine, lo stesso Renzi rischia a sua volta di cancellare il suo partito dalla presenza nelle due Camere, visti i modestissimi sondaggi sinora raccolti. E allora? Ma non basta, persino da alleati in Europa, come Gentiloni giungono inviti al go0verno a stringere i tempi per mettere a punto il piano finanziario del Recovery Fund, perché i ritardi rischiano di far perdere all’Italia una parte congrua degli oltre 200 miliardi che in linea teorica le sarebbero stati destinati dai vertici europei. Non è facile trovare la chiave del problema che ha generato tante esitazioni, riardi e incertezze da parte dello stesso Conte. Infatti c’è una tendenza, tutt’altro che trascurabile, che spinge per interventi – di fatto a pioggia – di sussidio a chi sta subendo la crisi: imprese piccole, situazioni critiche a livello territoriale, categorie e operatori in disoccupazione o in sostanziale inattività.
E questa linea è supportata in particolare dal M5s e in gran parte dall’estrema sinistra. Poi c’è la spinta del Pd che punta alla green economy. Renzi spinge invece sugli investimenti a favore delle grandi opere pubbliche e delle infrastrutture, senza contare che insiste (ma anche il Pd sarebbe d’accordo) sul recupero dei 36 miliardi del Mes per la sanità, argomento che vede il “no” da sempre dei grillini. Su questi contrasti, che non sono da poco, Conte esista perché a sua volta teme tutti i rischi (per non parlare d’un possibile disastro) di un ritorno alle urne, tra l’altro di non facile attuazione in un momento nel quale la diffusione della pandemia non è ancora domata, né si possono avanzare previsioni in proposito. Tra l’altro, il governo appare sempre di più imbarazzato rallentato in tante questioni di contrasto e di mediazione ancora in corso. Due esempi vistosi? La lentissima trattativa con Atlantia per risolvere la questione della concessione autostradale. Il gruppo Benetton, ancora in questi giorni, ha detto “no”, ritenendola inadeguata, l’offerta di acquisizione da parte della Cassa Depositi e Prestiti e dei suoi soci stranieri.
Si andrà avanti ancora nel tira e molla, nonostante ogni giorno emergano pecche di gestione della società Autostradale, per settimane. O forse per mesi. Nello stesso tempo non si sbloccano le questioni riguardanti Arcelor Mittal e la ristrutturazione dell’Ilva. I sindacati infatti temono tagli dei dipendenti attorno al 20%, una proporzione che colpirebbe anche lo stabilimento di Genova. Ma anche nel caso della siderurgia la trattativa si annuncia infinita. Alla fine, tutte le problematiche tornano sui tavoli del governo con Conte sempre più spinto a rinvii per non effettuare decisioni operative chiare e legate a una precisa strategia politica. Il punto debole èì che non si riesce a individuare la volontà del vertici italiano a puntare su 9investimenti di netta ripresa e rilancio economico, scavalcando la tentazione di scendere a interventi di tipo “protettivo”, non calcolando che la ripresa dell’economia e die mercati significa ricchezza, benessere e posti di lavoro. Mentre le varianti del reddito di cittadinanza sono solo palliativi.
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