Banca Carige, tempi lunghi per la soluzione
di Paolo Lingua
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Il Punto di Paolo Lingua
Inutile sognare una soluzione ferragostana per quanto riguarda la problematica che attanaglia da alcuni anni la banca Carige. Si vedrà all’assemblea degli azionisti prevista per settembre (salvo più che possibili rinvii), ma soprattutto occorrerà capire quale sarà la linea strategica del gruppo Malacalza che con il 27,6% del pacchetto azionario della banca controlla la decisione finale e strategica, come del resto è avvenuto l’anno scorso, alla vigilia di natale, quando ha bloccato l’aumento di capitale proposto dai commissari dell’istituto con la giustificazione della mancanza del piano industriale.
Quest’ultimo è poi un progetto di cui non si parla più. Tutte le previsioni della vigilia in casi come questo possono essere smentite e contraddette da un momento all’altro, ma, sul piano concreto, appare evidente che la decisione finale - in tutti i sensi – è ancora nelle mani del gruppo Malacalza che resta chiuso nel più assoluto silenzio, senza lasciar trapelare alcun segnale né positivo, né negativo.
In realtà – come del resto è stato adombrato in non poche occasione – i Malacalza, che hanno compiuto un pesante investimento allo scopo di salvare la banca dopo le crisi interne e le azioni giudiziarie che hanno portato a radere al suolo la vecchia e storica gestione, puntano, anche se non lo dicono apertamente, a una soluzione che consenta loro di svolgere nuovamente un ruolo storico dell’istituto sul territorio ma soprattutto a rientrare negli ingenti investimenti effettuati negli anni passati.
Ora nei giorni scorsi si è parlato dell’opzione offerta tramite il Fitd (Fondo Interbancario) della CCB di Trento a salvare la Carige. Su questo aspetto anche nei giorni scorsi si è mossa una sorta di azione mediatica, a volte confusa e a volte contraddittoria, sia a livello ligure sia a livello nazionale, in parte nevrotica (e non si comprende perché), tesa a stringere i tempi per chiudere la vicenda.
In realtà, anche se non si comprende bene sino a questo momento, il gruppo Malacalza punta da tempo a chiudere in maniera positiva la complessa questione del salvataggio della Carige, positiva è ovvio per i propri conti e per i propri interessi, anche se il “patron” Vittorio ha sempre puntato, anche con una punta non trascurabile di ambizione personale, ad avere un ruolo “sociale” e di respiro non solo strettamente economico sul territorio.
E questo è, in parte, la spiegazione dell’intervento all’interno della banca qualche anno fa, anche se poi i Malacalza hanno avuto conflitti con tutti i vertici che loro stessi avevano collocato nella banca stessa. In parole povere, al momento attuale, c’è una sorta di proposta, anche con qualche aspetto generico e non ben precisato, per il salvataggio della Carige.
Ma per adesso non ci sono ancora le risposte, le controproposte e ipotesi di soluzione concreta. Nell’intera vicenda, oltre alla confusioni mediatiche cui prima si accennava, c’è certamente uno scontro, solo apparentemente soft, di interessi differenziati tra i Malacalza e i vertici commissariali della banca che potrebbe avere, a seconda delle scelte definitivi, anche aspetti duri, come del resto è successo in passato, al di là delle ipotesi, per adesso sospese nell’aria, di riorganizzazione dei vertici in un secondo momento.
A questo punto che dire? I Malacalza hanno una trattativa privata da tirare fuori come dal cappello del prestigiatore all’ultimo momento oppure trattano autonomamente con i propositori che sgomitano per illustrare i oloro progetti e per cercare di imporli? E’ possibile poi una mega-mediazione? E’ difficile da dirsi.
L’unica prospettiva per adesso plausibile sembra quella legata allungarsi dei tempi. La conclusione non appare né semplice né facile, anche perché da parte governativa, considerati i grattacapi in corso sulla legge finanziaria, non ci sono parti entusiaste di arrivare a una statalizzazione della banca. Sarebbe solo una rogna in più.
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