Avanti con Blessin, ma è l'ultima chance: a Perugia si gioca la panchina

di Gessi Adamoli

4 min, 51 sec
Avanti con Blessin, ma è l'ultima chance: a Perugia si gioca la panchina

Avanti con Blessin, ma a Perugia, alla ripresa del campionato, il tecnico tedesco si gioca la panchina. Ha 15 giorni per far cambiare marcia alla squadra, al di là del risultato la proprietà americana vorrà infatti constatare anche tangibili progressi sul piano del gioco.

I destabilizzatori sono sempre di più al punto da chiedersi se a destabilizzare non siano per caso quelli che ostinatamente si sono schierati a difesa di un allenatore che, partita dopo partita, si sta mostrando sempre più inadeguato per portare a termine la missione che gli è stata assegnata. I numeri non mentono mai e sono impietosi: il Genoa, che ha vinto appena una delle sei partite disputate in casa, è a sette punti dal Frosinone e a due dalla Reggina.

Attenzione a non sottovalutare i fischi o meglio il boato di disapprovazione con cui, a fine partita, la Nord ha accolto i giocatori che, a capo chino, andavano verso quella gradinata che li aveva incitati sino all'ultimo secondo dei sei minuti di recupero. Un forte segnale di dissenso che non si può ignorare. Il popolo genoano aveva accompagnato la retrocessione della squadra cantando con fierezza “Gente di mare” perché aveva la certezza che davanti ci sarebbe stato un futuro migliore. Ripartire dalla serie B era considerata una fase di passaggio quasi obbligata per uscire dal circolo vizioso delle plusvalenze e di una politica societaria senza prospettive. E tutti avevano la certezza che il soggiorno in purgatorio sarebbe durato un anno soltanto. Il famoso only one years.

Il terzo posto in classifica dopo tredici partite di campionato non è certamente un dramma, ma a preoccupare è l'involuzione di una squadra che continua a non avere un gioco. Non può essere un caso se su sei partite in casa il Genoa abbia vinto soltanto contro il Modena e a fatica. Perfino il Como (terzultimo) ha dimostrato di avere quell'idea di gioco che la squadra rossoblù non ha mai avuto perché si è sempre affidata all'improvvisazione dei singoli. Eppure, dopo che il risultato era stato sbloccato grazie ad un rigore sacrosanto (raptus autolesionistico di Cagnano che invece del pallone ha calciato Portanova sulla linea di fondo e in condizione di non nuocere) la strada avrebbe dovuta essere tutta in discesa, quanto meno per un tecnico che sa leggere le partite dalla panchina. Invece il Genoa non ha fatto tesoro di quel regalo ed è rimasto in costante inferiorità numerica a centrocampo per tutta la partita. Blessin poteva passare al 4-3-1-2 o al vecchio, ma sempre utile (soprattutto quando hai un gol di vantaggio) 4-4-2. Invece il Genoa prima a centrocampo si è schierato a rombo ed infine è tornato a quel 4-2-2-2 che sembrava (per fortuna) un pericolo scampato definitivamente. Morale: Strootman e Fendrup in mezzo al campo hanno fatto il “torello”.

Proprio Strootman, che ha 32 anni ed acciacchi vari assortiti, essendo il giocatore di maggior talento, personalità ed esperienza della squadra, va preservato e dunque gestito con tutte le cautele del caso. Da quando è entrato in campo a furor di popolo (contro il Modena era stato schierato solo negli ultimi 5 minuti perché non ritenuto ancora pronto ma miracolosamente la partita successiva a Ferrara è stato in campo per tutti i 90 minuti), ha sempre giocato ed è uscito solo quando è stato colpito da un grave lutto familiare.

Alcune mosse di Blessin sono sconcertanti. Jagiello. che è l'unico che ci prova dalla distanza e non a caso con due tiri da fuori area aveva sbloccato il risultato contro Modena e Brescia, è rimasto per 88 minuti in panchina. D'accordo poi la coerenza, ma la teutonica perseveranza con la quale il tecnico di Stoccarda continua a riproporre Yeboah e al contempo non dà a Puscas la chance di giocare dal primo minuto (e soprattutto al fianco di Coda) non trova una spiegazioni logica. Come il fatto che ad un terzo del campionato il Genoa non abbia un suo modulo definitivo che è una peculiarità di una squadra forte e che vuole imporre il proprio gioco. Chi cambia sempre, adattandosi all'avversario, è perché deve fare di necessità virtù cercando di limitare il gap tecnico che ha con l'avversario. Intanto Blessin ha già annunciato di voler tornare al 4-2-2-2, modulo di gioco decisamente originale al punto da non avere seguace alcuno in tutto il panorama mondiale. Il mister ha poi anche molto rimpianto l'assenza di Ilsanker che gli permetterebbe di sperimentare una difesa a tre. Insomma, un quadra tattico, a metà novembre, ancora tutto in divenire.

Queste sono ore all'interno della società rossoblù di riflessioni profonde. La gratitudine nei confronti di Blessin è sicuramente grande, ha accettato la panchina del Genoa dopo il gran rifiuto di Labbadia e ha ha portato una squadra che era in caduta libera quanto meno a tirare su la testa e a retrocedere con estrema dignità. Ma ora ci si domanda se è davvero l'uomo giusto per portare avanti un programma che prevede l'immediato ritorno nella massima serie per non bruciare investimenti mirati esclusivamente a centrare quell'obiettivo ma anche e soprattutto per non disperdere quel patrimonio di passione ed entusiasmo che si è ricreato attorno al vecchio Genoa dopo che finalmente Preziosi era stato accompagnato alla porta.

La grande cavalcata di Gasperini con l'Atalanta è ormai arrivata al capolinea. Lo ha detto chiaramente lui stesso al termine della partita con l'Inter: “Non posso più stare in questa situazione”. Potrebbe con ogni probabilità essere l'allenatore del Genoa il prossimo anno, ma ora serve qualcuno che porti la squadra in serie A. Proprio come fece Vavassori, che nella stagione 2005-06, dopo la promozione in serie B, passò il testimone a Gasperini.