Assemblea Carige e cambio della guardia al vertice in un clima di assoluta incertezza per l'avvenire
di Paolo Lingua
Domani, venerdì 31 gennaio, nel cuore dei “giorni della merla” caratterizzati invece da un clima assai mite, si svolgerà l’Assemblea degli Azionisti della banca Carige dalla quale dovrebbe uscire il nuovo consiglio d’amministrazione e i nuovi vertici che, trasferitisi in tutta fretta dall’hotel Tower dell’aeroporto alla sede della banca nel cuore di Genova faranno un breve saluto ai media.
I commissari uscenti – Raffaele Lener, Fabio Innocenzi e Pietro Modiano – si squaglieranno nella nebbia senza lasciare a Genova e in Liguria ricordi di simpatia, considerata anche la non-comunicazione che ha caratterizzato il loro ruolo, prima di amministratori nominati, poi di commissari. Hanno lasciato un filmato di saluto ai dipendenti, una sorta di “addio monti…” alla maniera del Manzoni, adombrando un generico ottimismo per il futuro dell’istituto.
La seduta dovrebbe durare, senza colpi di scena (anche se tutto è imprevedibile) tra le 11 e le 14 per poi cedere il passo al consiglio d’amministrazione nella sede di piazza De Ferrari. Lo schema è generico perché i vertici della Carige, come sempre avari di comunicazione, non hanno emesso neppure un burocratico comunicato scritto. Ma d’altro canto la comunicazione non è mai stata il pregio di questa, ormai, passata gestione.
Da domani il presidente della banca dovrebbe essere Vincenzo Calandra Buonaura e l’ad Francesco Guido. Il primo ex esponente dei vertici dell’Unicredit, il secondo invece del Banco di Napoli. Attualmente il capitale azionario è rappresentato per poco meno dell’80% dal Fondo Interbancario e per poco più dell’8% dalla Cassa Centrale Banca (che riunisce le banche trentine). Il terzo azionista, ma ridotto ai minimi termini, resta il gruppo Malacalza con il 2% (rispetto a oltre il 27% che aveva prima dell’aumento di capitale da lui avversato e non sottoscritto).
Altri azionisti d’un certo nome, da Volpi e Mincione in giù sino a Spinelli, sono di fatto scomparsi con percentuali polverizzate. Ma adesso che cosa dovrebbe accadere con un consiglio d’amministrazione dove non è sopravvissuto un solo ligure, anche solo come tecnico?
In teoria si era parlato come quasi certo un innesto di capitale da parte appunto della Cassa Centrale Banca che però ha fatto sapere che deciderà una azione del genere solo tra molti mesi, se lo riterrà utile, fissandosi un termine entro la fine del 2021. Negli ultimi giorni, invece, si è adombrato che la Carige potrebbe rientrare in un complesso movimento di banche a livello nazionale, finendo acquisita in tutto o in parte da istituti di maggiori dimensioni. Insomma, si aprirebbe in Italia, ma nel quadro di strategie europee una complessa massa di concentrazione di istituti, considerato che sino ad ora i “piccoli” hanno dimostrato il fiato grosso.
Per la Carige – ma è tutto da prendere con le molle – sembrerebbe esistere un interesse da parte del Crédit Agricole che già controlla la Cariparma e la Carispezia. Ma la vicenda non si ferma qui: sulla Carige pende l’ombra inquietante della causa intentata dal Gruppo Malacalza che chiedere un indennizzo di 486 milioni perché sarebbero state rilevate irregolarità sulla valutazione del capitale dell’istituto nel procedimento che ha portato alla capitalizzazione della seconda metà dell’anno scorso.
Il tribunale di Genova ha già fissato la prima udienza alla metà di maggio, mese alla fine del quale ci sarà un’altra causa intentata da un gruppo di piccoli azionisti. Non sono escluse nuove azioni sempre da parte dei Malacalza, anche se la famiglia tiene un feroce muro del silenzio.
In parole povere, per adesso procederanno le formalità burocratiche ma non emergeranno le vere mosse strategiche. Ma non è positivo avere in Liguria una struttura economica e finanziaria che non ha più il ruolo di carismatica leadership a cavallo tra l’economia e la politica. Ma questa è ormai una storia finita.
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