Ancora incertezza sulla demolizione di Ponte Morandi
di Paolo Lingua
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Il Punto di Paolo Lingua
I dubbi su non pochi aspetti delle tecniche di demolizione di quel che resta del ponte Morandi (e resta ancora molto da fare) pendono ancora sul capo del sindaco-commissario Marco Bucci, sulle imprese incaricate dei lavori, nonché sugli abitanti delle zone limitrofe agli interventi più drastici.
Il grande dubbio, al di là delle demolizione del pilone già predestinato al sistema meccanico, pezzo per pezzo, riguarda ancora l’impiego delle microcariche esplosive dei piloni per le quali lo stesso Bucci ritiene ci sia via libera. Ma questo aspetto è ancora circondato da dubbi. Le stesse imprese incaricate della demolizione sono prudenti. Si temono possibili effetti inquinanti perché non è del tutto rimosso il timore di presenze di amianto anche se in percentuali minime. E si temono eventuali denunce e ricorsi. Il clima è nevrotico, come del resto era prevedibile alla vigilia delle operazioni demolitorie.
Bucci, lo si può comprendere, minimizza i possibili pericoli di inquinamento perché sa, forse con ragione, che in assoluto non è possibile rimuoverli e punta sull’impiego della dinamite per accelerare i tempi della distruzione delle pile che reggevano il ponte. Capisce che appena i resti del disastro saranno spariti alla vista di tutti, potrà decollare l’operazione di ricostruzione che certamente implicherà minori problematiche e, di fatto, nessun rischio di inquinamento e di danno ecologico.
In questi casi, la memoria collettiva è rapida a rimuovere ricordi e immagini di segno negativo. Per certi aspetti, anche psicologici, se l’orizzonte della valle resta libero è certamente meglio per tutti. Ma occorre agire con la massima rassicurazione non lasciando dubbi sospesi. Il danno è stato troppo grave per agire con leggerezza e superficialità. Non si può nemmeno restare fermi e aggirarsi attorno al pendolo dei dubbi e delle esitazioni. Occorre fare chiarezza con correttezza e con onestà e quindi agire senza esitazione, accettando eventuali ritardi.
E’ inutile lanciare “spot” quasi promozionali si taglio ottimistico sulle date e sui tempi, quando si sa che difficilmente queste promesse “precise” potranno essere rispettate. Intanto i ritardi, magari neppure eccessivi, in questi casi sono sempre scontati. Ma oltre alla demolizione e dei tratti di autostrade e delle pile, c’è dell’altro.
Devono essere programmate le ultime visite degli abitanti delle abitazioni per le quali non c’è speranza e che ormai si sa che debbono essere abbattute. Occorre mettere a punto il programma di sicurezza che consenta una visita rapida, anche perché gli abitanti hanno il pieno e sacrosanto diritto di recuperare quanto è possibile del loro patrimonio abitativo.
Ma anche per la demolizione degli edifici (si parla di molti palazzi con centinaia di appartamenti) la discussione è ancora in piedi, anche se, dietro istanza di Bucci, ma anche sulle valutazioni tecniche di massima, la demolizione tramite microcariche di dinamite sembra la soluzione più congrua e rapida, sia pure tenendo presente che non sarà né rapido né semplice rimuovere detriti e macerie e liberare il territorio sul quale, nelle intenzioni già annunciate, dovrà sorgere un parco. Ma sono progetti positivi da realizzare nel tempo. Ora occorre risolvere i dubbi e, sia pure con le idee chiare, agire perché il tempo della ricostruzione incalza e Genova (e non solo Genova) ha bisogno del ponte.
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