Unione Europea, ritardo sulla bioeconomia: nuova strategia entro il 2025
di Simone Galdi
Per non perdere la leadership globale la Commissione prepara un piano per rilanciare il settore

Con 728 miliardi di euro di valore aggiunto e oltre 17 milioni di posti di lavoro, la bioeconomia pesa per il 5% del Pil europeo. Ma la sua competitività è minacciata dalla concorrenza globale e da una produttività stagnante. Per affrontare la sfida, la Commissione Ue punta su una nuova strategia entro fine 2025.
Valore economico – La bioeconomia europea ha generato nel 2021 un valore aggiunto di 728 miliardi di euro, occupando 17,2 milioni di persone. Si tratta del 5% del prodotto interno lordo dell’Unione e dell’8,2% dell’occupazione complessiva. Il dato, riportato nella consultazione pubblica “Towards a Circular, Regenerative and Competitive Bioeconomy” della Commissione Europea, conferma la rilevanza del settore, cruciale nella transizione verso un’economia più sostenibile.
Competitività globale – Nonostante il peso economico, l’Ue rischia di perdere terreno rispetto a concorrenti come Stati Uniti, Cina e India. A preoccupare Bruxelles è soprattutto la stagnazione della produttività e la difficoltà ad attrarre investimenti sufficienti a sostenere l’innovazione. Una situazione che potrebbe compromettere la capacità europea di guidare i mercati emergenti nei settori bio-based e biotech.
Strategia Ue – Per contrastare queste criticità, la Commissione sta preparando una nuova strategia da adottare entro il 2025. L’obiettivo è costruire una bioeconomia più circolare, rigenerativa e competitiva, capace di valorizzare le risorse biologiche in modo efficiente, sostenere una fornitura stabile di biomassa e rafforzare il posizionamento dell’Ue a livello internazionale.
Priorità politiche – Tra le direttrici evidenziate nel documento ci sono il rafforzamento dell’innovazione biotecnologica, il sostegno ai produttori primari e lo sviluppo di filiere circolari. Un ruolo centrale sarà assegnato alla cosiddetta “diplomazia verde” per promuovere l’internazionalizzazione del comparto. Inoltre, la strategia intende rimuovere le barriere che oggi penalizzano startup e PMI, a partire dalla frammentazione del mercato interno e dalle difficoltà di accesso ai capitali.
Finanziamenti pubblici e privati – I fondi finora mobilitati non sembrano sufficienti. Tra il 2014 e il 2020, l’iniziativa Bio-based Industries Joint Undertaking ha attratto 2,4 miliardi di euro di investimenti privati, affiancati da 871 milioni di risorse pubbliche. Anche il Circular Biobased Europe Partnership, attivo fino al 2031, si inserisce in questo solco. Tuttavia, i numeri restano distanti da quelli di altre potenze globali.
Integrazione strategica – La nuova strategia sarà integrata con altri strumenti dell’Ue, tra cui il Clean Industrial Deal, il Competitiveness Compass, la Vision for Agriculture and Food e il piano per la decarbonizzazione industriale. Il fine è coordinare le politiche ambientali, economiche e sociali per rafforzare la resilienza dell’economia europea.
Controllo e revisione – L’effettiva implementazione sarà monitorata attraverso il Bioeconomy Monitoring System e il Centro di Conoscenza sulla Bioeconomia. Una revisione degli obiettivi e dei risultati è prevista tra quattro e sei anni dall’adozione della strategia. “È cruciale liberare il pieno potenziale della bioeconomia”, si legge nel documento della Commissione, che punta su un nuovo modello di sviluppo fondato su innovazione, sostenibilità e coesione territoriale.
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