Terza dose: strategia vincente
di Paolo Lingua
Alla luce degli ultimi eventi e della crescita – non vistosa ma continua e quindi preoccupante – della diffusione dei contagi del virus, ormai è importante e strategicamente determinante la corsa alla “terza dose” del vaccino. In un primo momento la “terza dose” era stata raccomandata per i cosiddetti casi dei “fragili”, poi per il mondo sanitario e per il mondo della scuola (presidi, inseganti, assistenti) e per gli “over 80” e, successivamente per ”over 70” e “over 60” . Dagli ultimi dati, sembra di comprendere che le fasce della popolazione di età più avanzata -che sono poi quelle più a rischio nel caso di infezione - si sitano muovendo convinti verso la vaccinazione, mentre a livello di vertici sanitari e scientifici e, quindi, di governo, ormai si punta a scendere sotto i 50, mentre si mettono a punto i progetti per vaccinare le fasce più giovani ovvero dai 12 ai 19 anni, Quest’ultima scelta è indicata in particolare per mettere al sicuro la vita scolastica, al fine di non bloccare l’attività didattica, di non tornare alla scuola in distanza (che ha dato pessimi risultati) e per bloccare qualunque forma di vita artificiale e limitativa. Non sappiamo ancora – e i vertici scientifici anche internazionali per il momento sono molto cauti – se si andrà, in avvenire, verso una soluzione strategico-sanitaria di praticare ogni anno il vaccino, come nel caso dell’influenza o di altri settori preventivi di malattie “sociali”. E’ indubbio, però, se si vuole dare uno sguardo al passato che, a partire dalla pratica ottocentesca del vaccino contro il vaiolo e poi dalle terapie antimalariche (il famoso chinino) sino al vaccino contro la poliomielite, ormai quasi scomparsa in tutto il mondo , la tecnica di cura preventiva è quella che ha dato esiti assoluti. Non resta quindi che insistere nella vaccinazione diffusa e nell’azione di convincimento di quella parte della popolazione che, cocciutamente, rifiuta la terapia , accampando tesi extra-scientifiche al limite del grottesco. In questa chiave appare più che comprensibile la linea politica che sta emergendo, sia a livello di governo, sia a livello di amministrazioni locali, di limitare al massimo le manifestazioni “no vax” che pure ogni giorno sembrano emergere in molte parti d’Italia. E’ giusta la mano dura a Trieste, dove gli assembramenti hanno dato vita a focolai di infezione con ricoveri esclusivamente per non vaccinati, come del resto è riscontrabile in tutti gli ospedali italiani. Chi viene colpito dal virus in questi ultimi mesi è al limite quasi assoluto non vaccinato e i cortei e le manifestazioni con partecipanti senza controllo nei rapporti reciproci e senza mascherina sono ormai la base specifica del diffondersi dell’infezione. Osservando anche le età dei colpiti e dei ricoverati si può constare che anche gli anziani che si sono vaccinati con doppia dose (e ora con la terza) sono decisamente blindati e al sicuro. Ed è per questo che appare, per conseguenza, ancora più assurdo il rifiuto del “green pass” che è semp0licemente la dimostrazione della immunità della persona. Non è un limite alla libertà individuale, ma semmai uno strumento per la sicurezza di tutti e non lede nessun libertà e nessun diritto alla privacy. Semmai è una sicurezza che aumenta la libertà, quella vera. Di fronte a una situazione complessa e non ancora definitivamente al sicuro, è giusto restare in un clima di prevenzione e di controllo. ‘Italia, una volta tanto, resta un modello per l’Europa, come del resto gli altri Stati riconoscono. Meglio un po’ più di severità adesso che dover poi correre ai ripari nei prossimi mesi. Abbiamo tutti un grande desiderio, più che giusto, di tornare alla normalità. Ma meglio viaggiare con il piede sul freno che sull’acceleratore.
Condividi:
Altre notizie
Da Cingolani a Draghi, in attesa del Pnrr
08/02/2022
Il caos di destra e sinistra
07/02/2022
La gran confusione della politica
04/02/2022
Ariel Dello Strologo: conto alla rovescia
03/02/2022