Terminalisti e portuali: una storia che ha lontane origini

di Paolo Lingua

3 min, 42 sec
Terminalisti e portuali: una storia che ha lontane origini

La polemica nata sullo scontro che vede come protagonisti i terminalisti di Genova, la presidenza del porto e i portuali della Culmv sembra andare verso un percorso accidentato ma anche confuso. Infatti l’accordo contestato dai terminalisti era stato sottoscritto dagli stessi che, quindi, avrebbero cambiato opinione dopo mesi dall’accordo. Ma all’interno della categoria sono già emersi dei distinguo, il che rende la situazione ancora più complessa. Ma non è una novità: è noto che ci sono operatori portuali che hanno rapporti diplomatici e distesi con la Culmv e altri che ritengono che il monopolio di fatto sia una realtà troppo onerosa per la parte imprenditoriale. L’Autorità Portuale, come in passato, ha un ruolo politico di mediazione, tenendo presente che ci sono realtà, come il Psa di Prà, che hanno trovato da tempo un’intesa.

D’altro canto, è una componente storica fissa  - verrebbe voglia di dire una sorta di dna – il distinguo, il dissenso e il gioco dei veti incrociati  nel mondo portuale, soprattutto tra operatori privati. In questo contesto la Culmv è una sponda che in passato qualcuno ha agganciato come un alleato strategico mentre altri hanno cercato lo scontro. Nulla di nuovo sotto il sole? Senza dubbio, ma l’economia e i mercati di oggi si muovono nel mondo con altre logiche e altre strategie. Da noi resistono residui del passato, un po’ archeologici, che hanno le loro radici su egoismi individuali, sovente molto piccoli come prospettive se si hanno (e si dovrebbero avere) progetti di respiro. Gli imprenditori portuali sono sempre stati rinchiusi nella loro azienda come in una fortezza, difendendo, a volte con eccesso di polemica, non solo situazioni di indubbio favore, ma anche piccoli privilegi, spazi, situazioni operative, considerando sovente il vicino come un intruso.

Al tempo stesso la Culmv è una realtà storica molto singolare che, nella sua organizzazione e nel suo modus operandi,   è peculiare solo di Genova. Non esiste in alcun altro scalo italiano. I portuali difendono il loro ruolo e la qualità del loro servizio; i loro avversari contestano il fatto che agiscano in un contesto di monopolio e di dover “coprire” mi loro eventuali passivi di gestione. E’ un complesso gioco di equilibri che ricade anche sulla vita della città, in particolare nel contesto politico, anche se con i profondi cambiamenti di assesto dei vecchi partiti, il Pci in particolare di cui, dal dopoguerra sino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, sono stati un punto di forza, anche nelle manifestazioni di piazza. Una vicenda, sia pure con tutte le differenze del caso, riconducibile allo scontro dei giorni scorsi, , è stata quella che si concluse con la mediazione del Cardinale Giuseppe Siri, allora ancora Arcivescovo di Genova, ai tempi della presidenza del porto di Roberto D’Alessandro.  

Era stato D’Alessandro, il presidente voluto allora da Bettino Craxi, a rovesciare in senso positivo lo scalo di Genova che aveva attraversato una grave crisi, anche per errori di gestione a lungo trascinati. D’Alessandro aveva introdotto privatizzazioni, concessioni na termine e reso più agile la gestione tagliando molti eccessi di burocrazia. Ma si era scontrato con l’allora console della Culmv, Paride Batini  che vedeva a rischio le sorti della Compagnia. La politica si divise, così come il mondo imprenditoriale. Poi anche  il  Comune e la Regione si erano spaventati per rischi di ordine pubblico. Si arrivò così all’incontro con Siri, che era ormai al termine del suo lungo regno, e si trovò un faticoso accordo. D’Alessandro allora comprese che la sua rivoluzione aveva raggiunto molti obiettivi ma che più in là non si poteva andare. Di Lì a poco lasciò Genova con altri incarichi. Per circa trent’anni la situazione è andata avanti sempre sul filo dei compromessi. Ora lo scontro, non sappiamo ancora di quale portata, s’è risvegliato, forse anche per la crisi dei traffici conseguenza della pandemia. La sensazione è che , come per altre vicende, sul porto sia calata un po’ di nebbia confusa. Il porto è il cuore dell’economia di Genova, ma slavo alcuni episodi o particolari condizioni, le sue scelte strategiche non sono mai state particolarmente  veloci.