Smart mobilty, Almaviva e Università Federico II creano un polo innovativo
di Edoardo Cozza
L'azienda e l'ateneo napoletano si uniscono in un progetto che guarda al futuro della logistica e della mobilità
Due realtà - l'università Federico II di Napoli e l'azienda Almaviva - hanno dato vita a un polo d'eccellenza su smart mobility and logistics. L'accordo, firmato dal rettore dell'ateneo e dal presidente di Almaviva, è quello di puntare sulla transizione digitale dei sistemi di trasporto e della mobilità.
Cino Bifulco, docente di ingegneria dei trasporti della Federico II ha spiegato obiettivi e principi: "Punteremo sulla decarbonizzazione e transizione green, mettendo sul tavolo la questione energetica. Ma non dimenticheremo i principi della mobilità connessa, operativo e automatizzata, in cui mettere al centro l'utente per concedergli più sicurezza e dargli più dinamismo. E poi l'idea è offrire nuovi servizi e paradigmi per mobilità e logistica".
Il rettore dell'ateneo napoletano, Matteo Lorito, ha parlato di un accordo tra "soggetti complementari" e di un "progetto innovativo, che permetterà di prendere parte e organizzare tantissime iniziative". Tra i punti focali ovviamente quello del green "tema su cui spingiamo in un mondo nuovo, che sta cambiando".
Di concretezza e voglia di fare ha parlato Alberto Tripi, presidente di Almaviva: "Abbiamo pensato che collaborare con la Federico II sia importante per dare uno stimolo accademico su ciò che è innovativo, su quello che sta cambiando, su quello che può avvenire. Possiamo dare un contributo al Paese in maniera vera, concreta e possiamo espanderci a livello mondiale, non solo locale o nazionale. Perché in Italia ci sono persone capaci e non dobbiamo essere provinciali".
Ed ecco, infine, l'avallo di Gino Nicolais, consigliere politiche della ricerca del ministero dell'università: "Industria e università possono dare tanto. Bisogna sviluppare conoscenza e sfruttarla al meglio. Mettiamo su un'idea di mobilità grazie anche alle tecnologie che abbiamo. Dobbiamo usarle al massimo: la rivoluzione non è tecnologica, perché da quel punto già siamo pronti. La rivoluzione dev'essere sociale".
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