Scorie nucleari, missione nell'Oceano Atlantico: trovati oltre 3000 fusti, ma nessuna criticità

di Andy Woodrook

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Una spedizione internazionale ha individuato contenitori scaricati tra il 1946 e il 1993, senza rilevare anomalie radioattive significative

Scorie nucleari, missione nell'Oceano Atlantico: trovati oltre 3000 fusti, ma nessuna criticità

Una missione scientifica internazionale ha localizzato oltre 3.000 fusti contenenti scorie radioattive sul fondale dell’Oceano Atlantico nord-orientale, a oltre 4.000 metri di profondità. I contenitori, alcuni dei quali in avanzato stato di deterioramento, sono ciò che resta delle pratiche di smaltimento adottate da diversi Paesi europei nel secondo dopoguerra.

Missione internazionale – L’operazione è stata condotta dal programma Noddsum, una campagna scientifica durata un mese a bordo del vascello francese “Pourquoi Pas?”, con rientro nel porto di Brest. "Ci sono fusti praticamente intatti e altri estremamente degradati", ha dichiarato Patrick Chardon, corresponsabile della missione. I ricercatori hanno recuperato migliaia di campioni di sedimenti, acque profonde e dati geofisici, che ora saranno analizzati in laboratorio.

Stato dei fusti – Le immagini ottenute grazie a veicoli sottomarini hanno mostrato condizioni variabili: alcuni fusti risultano integri, altri fortemente corrosi. Tuttavia, i primi rilievi indicano che non si sono verificate dispersioni radioattive anomale. I dati preliminari dovranno comunque essere confermati da ulteriori analisi.

Contesto storico – Tra il 1946 e il 1993, circa 200.000 fusti radioattivi vennero scaricati nella pianura abissale dell’Atlantico nord-orientale, in acque internazionali. A contribuire furono Germania, Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Svizzera. Le discariche avvenivano a profondità superiori ai 4.000 metri, seguendo pratiche legali all’epoca, ma prive di un sistema strutturato di tracciabilità.

Composizione – Secondo l’Agenzia francese per la gestione dei rifiuti radioattivi (Andra), i fusti avrebbero contenuto scorie a bassa attività: rifiuti di laboratorio, fanghi da trattamento, materiali contaminati. "Non abbiamo idea di cosa contenessero. All’epoca non c’era tracciabilità", ha spiegato Chardon. Lo spazio all’interno dei contenitori veniva spesso riempito con cemento o bitume, per limitarne la mobilità e migliorare la stabilità meccanica.

Normative internazionali – La Convenzione di Londra del 1993 ha vietato lo scarico in mare di rifiuti radioattivi, ponendo fine a una pratica durata quasi mezzo secolo. L'accordo prevede anche il monitoraggio regolare dei fusti già sommersi, ma le difficoltà logistiche e tecnologiche hanno reso queste verifiche complesse e sporadiche fino agli ultimi anni.

Confronto globale – Oltre ai Paesi europei coinvolti, anche l’ex Unione Sovietica e gli Stati Uniti hanno effettuato simili operazioni, con modalità diverse. Secondo l’Andra, in alcuni casi sono stati abbandonati in mare anche contenitori di reattori nucleari con combustibile ancora presente. La portata e la natura di tali scorie sono considerate di ordine più elevato rispetto a quelle europee.

Prospettive – I risultati completi della missione Noddsum saranno oggetto di pubblicazioni scientifiche nei prossimi mesi. Gli scienziati puntano a migliorare la mappatura dei fusti sommersi e a stabilire protocolli di monitoraggio più frequenti, anche alla luce del potenziale rischio ambientale a lungo termine.

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