Santi (Federagenti): "Per i porti italiani serve un 'gabinetto di guerra'"
di Edoardo Cozza
Nel corso dell'assemblea, il presidente della federazione chiede l'istituzione di una cabina di regia: "Nome provocatorio, ma obiettivi chiari"
Un "gabinetto di guerra" perché i porti italiani hanno bisogno di fare un salto per afferrare le opportunità di crescita post pandemia. Il presidente di Federagenti, Alessandro Santi dal palco dell'assemblea della federazione nazionale degli agenti marittimi, a Venezia, dal titolo "L'Italia è porto solo se..." lancia la proposta di una vera cabina di regia per i porti, interministeriale, a controllo diretto della presidenza del consiglio dei ministri, con pieni poteri per misure di emergenza senza precedenti.
"L'abbiamo chiamata, provocatoriamente, un gabinetto di guerra in tempi di pace perché serve uno strumento che abbia mezzi non convenzionali per poter operare in un mondo così complesso come quello che si presenta nei prossimi anni - dice Santi -. Abbiamo soldi da investire bene e con i tempi giusti (parlo del NextGenerationEu) ma se non sappiamo mettere a terra le opere, soprattutto su porti e logistica, sarà una débacle. E in realtà se questa cabina di regia avesse lavorato già preventivamente sulla questione green pass forse oggi non saremmo tutti a discuterne in questo modo".
Quattro i punti su cui lavorare. "Il primo è una visione strategica sul Mediterraneo - elenca Santi - perché operiamo in un Mare nostrum in cui stentatamente ci facciamo sentire. Poi c'è la questione della transizione ecologica da gestire con attenzione. Terzo punto le infrastrutture: l'accessibilità nautica con i dragaggi dei porti, e l'accessibilità terrestre. Un porto deve avere pescaggi adeguati e capacità di flusso retrostante, cioè ferrovia, strade, viadotti, ponti, adeguati alla dimensione di traffico che intende fare lato mare, sennò sono strozzature. E poi c'è lo snellimento della burocrazia, indispensabile per portare a termine le opere".
Santi sottolinea un dato: l'Italia è il sestultimo Paese su 28 in termini di capacità di portare a termine le opere e utilizzare i fondi europei e impieghiamo 6 anni e mezzo circa da quando iniziamo un progetto per arrivare alla conclusione per le opere infrastrutturali portuali: "Per il 2026 siamo già corti".
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