Sampdoria, missione (in)compiuta. Siamo tutti Sven ed Estanis
di Maurizio Michieli
Obiettivo play off centrato, ma Pirlo vuole di più. L'abbraccio a Eriksson e Pedrola
Obiettivo raggiunto. Matematicamente e con una giornata di anticipo. Come aveva "annunciato" il giorno della presentazione: "Vogliamo andare ai play off". Così, sommessamente, quasi con pudore, visto che pochi giorni prima la Sampdoria neppure sapeva se si sarebbe iscritta al campionato di serie B. Ma lui, Andrea Pirlo, ci credeva. Anche se nemmeno conosceva quale squadra avrebbe avuto tra le mani. Non immaginava, non poteva immaginare che avrebbe guidato una difesa di ventenni debuttanti, che avrebbe perso per strada la spina dorsale della formazione e durante il cammino in campionato pure numerose vertebre di sostegno, che per molti mesi non avrebbe avuto a disposizione un centravanti di ruolo, che avrebbe dovuto fare i conti con due punti di penalizzazione, che sulla sua strada avrebbe persino incontrato un ribaltone societario, che tutto, ma proprio tutto gli sarebbe girato male.
Eppure, ci credeva. Non lo urlava - il suo carattere e le circostanze imponevano sobrietà - ma ci credeva a tal punto da riuscire a trasmettere l'input ai giocatori, creando un gruppo unito e coeso, specie nelle difficoltà. E' stato questo il fattore che ha determinato la differenza, ha consentito di colmare il gap con le avversarie quando le risorse tecniche latitavano, anche e soprattutto per la miriade di infortuni a catena. Da Pirlo è arrivato qualche volta un sibilo di lamentela, ma mai uno sfogo o, peggio, una sensazione di resa.
Ecco perché di questo traguardo la Sampdoria può essere fiera, a prescindere da come finirà. Ma ecco perché adesso deve altrettanto credere che la missione compiuta possa in realtà doversi considerare ancora incompiuta. Perché lo ha detto Pirlo, subito, quasi prima di assaporare la gioia dell'obiettivo toccato con mano: "A Catanzaro dobbiamo vincere". Per provare a scavalcare il Palermo (impegnato a Bolzano con il demotivato Sudtirol), avanti di un punto per quel maledetto -2 della Samp, che sul campo sarebbe già sesta. E poi per giocarsi in casa la prima chance, davanti agli oltre 27 mila che potrebbero diventare 30.000. Per tentare di trasformare l'impresa in miracolo. E non importa come andrà, è già un lusso giocarseli questi play off ripensando al maggio del 2023.
Ed è stato bello che questo sogno si sia concretizzato nel giorno dell'omaggio a Sven Goran Eriksson, l'uomo prima ancora che l'allenatore, capace di mettere a nudo la sua vulnerabilità fisica per godersi quei tributi che assurdamente si riservano a chi non c'è più. Lui ha voluto e vuole provare sulla pelle quelle emozioni che viaggiano da Liverpool a Goteborg sino a Genova. Senza fingere che vada tutto bene, anzi. C'è molta tragicità nel suo doloroso cammino, ma anche tanto amore. Lo stesso che non si può non provare per un ragazzo come Estanis Pedrola, che stringe il suo sogno tra le mani e ogni volta lo vede svanire come una bolla di sapone. Durante la partita con la Reggiana addirittura accasciandosi al suolo piangendo dalla disperazione. Tra lo svedese e lo spagnolo, separati da tre generazioni, c'è un'intera vita in mezzo. Quella vita che, sappiamo, è piena di sorprese, belle e brutte, di gioie e di dolori, di soddisfazioni e delusioni, di cadute e rinascite Sino all'inesorabile livella. Per questo siamo tutti Sven ed Estanis. Tranne, forse, quelli che si pestano per una partita di pallone. Ma questa è un'altra, brutta storia che non merita di essere commentata.
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