Sampdoria, il dovere di non essere (più) buonisti

di Maurizio Michieli

4 min, 23 sec

La società ha fatto il massimo, vietato sbagliare per Pirlo e i giocatori

Sampdoria, il dovere di non essere (più) buonisti

In altri momenti e in altre situazioni il pareggio della Sampdoria in trasferta a Frosinone alla prima di campionato in serie B avrebbe anche potuto essere accolto benevolmente. Stavolta no. Il risultato è un'occasione persa e all'appello mancano due punti. Bisogna dirlo con chiarezza, proseguire sulla strada del buonismo - giustificatissimo nel recente passato - ora rischia di creare soltanto alibi a una squadra che invece la società ha costruito per vincere, o almeno per restare dall'inizio alla fine tra le prime quattro del torneo con Palermo, Sassuolo, Cremonese e salvo l'immancabile sorpresa.

Due anni fa la Samp, disputando il peggior campionato della sua storia, retrocesse ignobilmente in serie B tra gli applausi del suo fantastico pubblico. Stankovic, l'allenatore, venne persino osannato. I giocatori coccolati e protetti. Una straordinaria prova di maturità da parte di un ambiente che aveva fiutato un pericolo più grande: la sparizione e la ripartenza dalla serie D. L'anno scorso, grazie al salvataggio della nuova proprietà, la Sampdoria ha disputato un campionato di serie B in linea con il suo potenziale, messo insieme in fretta e furia e con pochi mezzi. La deludente uscita di scena a Palermo nel play off è stata metabolizzata con altrettanta maturità e senza scossoni.

Adesso, però, il quadro è cambiato. A Frosinone in campo c'erano dieci calciatori nuovi su undici e tutti concordano sul fatto che siano ottimi calciatori per la categoria. Lo dicono gli esperti della B, lo dicono i bookmakers, lo dice il buon senso di chi mastica un po' di pallone. Eppure si sono visti e rivisti gli stessi identici errori del recente passato. E non parlo del risultato. Pronti via e Yepes - l'unico superstite dell'epurazione - regala un pallone agli avversari che può innescare il vantaggio immediato dei padroni di casa. Gol al passivo che poi arriva comunque per un'uscita "allegra" di Ghidotti (bravo successivamente a riscattarsi con parate importanti) e un "assist" involontario di Romagnoli. Nonostante la reazione e il sorpasso - non a caso prodotti dai due elementi di maggior calibro della campagna acquisti, Venuti e Coda - altro patatrac con la gara in perfetto controllo da parte dei blucerchiati: Ioannou taglia il campo in orizzontale con il pallone tra i piedi, lo perde e spiana la strada al pareggio del Frosinone. Lo stesso cipriota un attimo dopo si fa cacciare fuori per un'entrata senza senso. Per non dire di Benedetti, che quando subentra commette solo danni (ammonito dopo pochi minuti). O di Tutino, che si è divorato almeno due gol davanti alla porta (con la giustificazione di uno stato di forma non ottimale). E meno male che Ghidotti al 94' ha sfoderato le unghie su Distefano, altrimenti saremmo qui a commentare addirittura una sconfitta.

Non si tratta di fare processi, men che meno sommari. Siamo alla prima di campionato e non tutto può essere perfetto o quasi. Ma guai a lasciar passare il messaggio che quest'anno ci si può accontentare, tanto va sempre tutto bene. La proprietà e il nuovo ds Accardi hanno speso soldi ed energie per costruire un gruppo da promozione. Il tetto agli ingaggi è stato abbondamentemente sforato e garantito da fidejussioni. Segno che l'obiettivo è la serie A e per raggiungerla non si possono trascurare i dettagli. Ci sta perdere o pareggiare se l'avversario è più forte o di pari valore, non a commettere errori, ingenuità, cali di concentrazione, sbavature da prima elementare del calcio.

L'anno scorso personalmente ho difeso dalle critiche a spada tratta Andrea Pirlo, che ha tenuto ferma la barra del timone tra i marosi, con una retroguardia di stagisti e una catena di infortuni da ospedale da campo, centrando l'unico obiettivo possibile: il sesto posto (senza la penalizzazione). Quest'anno, tuttavia, anche lui è chiamato alla prova di maturità da allenatore: basta, d'ora in poi, di vedere una squadra senza organizzazione difensiva, vittima di amnesie temperamentali e incapace di gestire un risultato di vantaggio a un quarto d'ora dalla fine contro avversari osteggiati dal loro stesso pubblico. Basta alti e bassi così evidenti, basta alibi ai calciatori. Ioannou, che è un elemento eccellente per la categoria, deve rendere conto della doppia ingenuità con cui ha messo a repentaglio l'incontro. O vogliamo far passare tutto in cavalleria come la famigerata gomitata di Kasami a Marassi contro Feralpi Salò che costò tre giornate di squalifica a lui e una pesante sconfitta alla squadra?

La stella polare quest'anno deve essere la Sampdoria di Garrone, Marotta, Novellino, quella del primo anno dopo la gestione Mantovani, in cui nulla venne lasciato al caso e la feroce determinazione con cui fu perseguito l'obiettivo della serie A consentì di traguardarlo. Manfredi e Gestio capital, allo stato attuale, non avranno la potenza economica della Erg di allora, ma hanno immesso molte risorse finanziarie nella Sampdoria. Accardi è un allievo di Marotta e un dirigente con i fiocchi. Il mercato è stato da 8 e potrebbe diventare da 9. Non scordiamocelo, non lasciamo la polvere sotto il tappeto, togliamola subito e incazziamoci per la mancata vittoria allo "Stirpe". Soltanto così si cresce e si punta in alto, all'unico posto dove la Samp dei quasi ventimila abbonati e di una storia memorabile merita di essere.