Samp, il vero problema è il materiale umano. Al mercato d'inverno vietato sbagliare ancora, con o senza la nuova proprietà
di Claudio Mangini
E, alla fine, il problema principale è uno: il materiale umano. Ci eravamo illusi che bastasse giocare sui numeri, variare i moduli e le disposizioni in campo come in un gigantesco subbuteo, avevamo creduto che fosse indispensabile sostituire la maschera troppo spesso attonita di Marco Giampaolo con l’espressione convinta di Deki Stankovic, avevamo pensato che il suo collo taurino, le sue spalle larghe che esplodono dentro i maglioni attillati, il suo look sbrigativo (la cravatta mai, neanche quando viene ricevuto dal presidente della Serbia) potessero trasmettere per osmosi le sue qualità fisico-atletiche ai giocatori con la maglia blucerchiata e, invece, siamo qui a commentare una sconfitta che è prova di impotenza: 45 minuti alla pari con la Fiorentina, tranne un gol da polli e un paio di sbandate, ma dentro la partita. Nel secondo tempo, poi, il nulla.
E, allora, viene in mente che, sì, qualcosa è cambiato. Questa squadra (non sempre) ha recepito qualcosa della grinta dell’ex centrocampista del Triplete, il quale ha avuto il merito di lanciare giocatori dimenticati in panchina. Ma gli errori di fondo restano: la vulnerabilità sui calci piazzati, la fragilità difensiva, l’ingenuità di fondo su situazioni di gioco anche banali, l’incapacità di reagire e risalire la corrente e poi, anzi prima di tutto, la totale inconsistenza offensiva. Eppure, Stankovic ci lavora duro e tanto in settimana, come ci lavorava Giampaolo. Però i progressi non si vedono, i risultati non arrivano. I 4 punti nelle prime 3 partite della sua gestione (Bologna, Roma, Cremonese) erano stati promettenti, oltre alla rocambolesca qualificazione in Coppa Italia sull’Ascoli; aggiungendo Inter e Fiorentina, si torna a una media di 0,80 punti a partita e dove si va con questo ritmo è inutile sottolinearlo.
Si può fare meglio o peggio in panchina. Resta il problema alla base, il materiale umano, appunto. Ed è facile dirlo col senno di poi, ma su certe scelte – anche in regime societario di emergenza economica – è inevitabile tornare, discutere e domandarsi i perché. Perché via Bonazzoli e non Caputo, per esempio? Entrambi con richieste in estate, 12 gol segnati l’uno (Caputo), 11 l’altro, ma dieci anni di differenza sulla carta d’identità. Questione d’ingaggio, si è detto. E di feeling con lo spogliatoio. Questione d’ingaggio e di feeling con l’allenatore e anche con qualcuno nello spogliatoio, si è detto per Candreva, che ora farebbe comodo da pazzi, con Stankovic che cerca nuovamente (a differenza di Giampaolo) il gioco sulle fasce ma trova solo la buona volontà di Leris che non riesce mai, ma mai, a saltare l’uomo e crossare. Perché, negli spogliatoi delle altre squadre, non ci sono frizioni, tensioni, incomprensioni? E un dirigente a che serve, se non a smussare gli angoli, a ricordare a un calciatore che è un professionista e a rimarcare che si può anche non cercarsi per andare a cena dopo l’allenamento ma, in campo, ci si cerca, ci si aiuta e si lavora per la squadra?
E Thorsby? L’uomo che amava la Sampdoria fino a volerne diventare capitano venduto, anzi svenduto, impoverendo il centrocampo di sostanza fisica, muscolare e centimetri?
Sì, è più facile dirlo con il senno di poi. Ma questa si chiama programmazione e di programmatori la Sampdoria ne aveva e ne ha addirittura due: Osti e Faggiano. Ma la situazione è questa, così è anche se non vi pare. E’ cambiato il tecnico in panchina, è arrivato quello che – pensavamo e pensavano i tifosi – ha il carattere e l’indole «per appendere qualcuno nello spogliatoio». Ma finora non è bastato. Di Stankovic apprezziamo il non darsi mai per vinto, il provarci sempre, ma anche questo non è bastato, finora. Dejan Stankovic ci prova sempre, qualche volta addirittura troppo. Ha cambiato moduli e uomini da una partita all’altra e a partita in corso. Ha avuto il coraggio di mandare in campo un attaccante di 19 anni, Montevago, e lo ha sostituito dopo 45 minuti con Gabbiadini che – inevitabile – dopo le fiammate iniziali sta faticando maledettamente a tornare in condizione dopo la lunga assenza per infortunio. Il ragazzo Montevago, domenica, non faceva follie ma andava a picchiarsi e a cercare ogni pallone, dava peso all’attacco e appoggio a Caputo. Stavolta sarebbe valsa la pena di ripartire così, anziché cambiare nell’intervallo. Stankovic, certe volte, sembra provare a fare risultato dalla panchina, con la sua frenesia interventistica. Probabilmente è un retaggio del suo essere stato campione, dell’aver avuto la personalità per affrontare, risolvere e vincere i duelli. Ma da bordo campo è perfino più difficile.
Gli servirà la sosta, per lavorare con calma, dare un’identità definita alla sua Sampdoria. La sosta lunga per il Mondiale sarà fondamentale e preziosa. Potrebbe servire a recuperare il promettente De Luca, a tonificare Gabbiadini e l’ingrigito Sabiri, se resterà. E sarà indispensabile provare a rinforzare questa squadra. Facendo le nozze con i fichi secchi – e qui sarà importante non sbagliare ancora – se non arriverà una nuova proprietà. O, ce lo auguriamo tutti, con nuovi capitali alle spalle. Sono passate le ore, i giorni, le settimane e i mesi. Si sono spese parole. Ci sono altri soggetti interessati, oltre al gruppo Al Thani. I tifosi sampdoriani – generosi, ammirevoli e inevitabilmente delusi – aspettano i fatti. E, intanto, ci sono due partite, Torino e Lecce, che hanno un’importanza fondamentale.
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