Regionali in Liguria, partiti appesi alle decisioni romane

di Paolo Lingua

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Regionali in Liguria, partiti appesi alle decisioni romane

Il Pd e il M5s per il momento sono ancora in alto mare, in attesa di decidere se correre insieme per le elezioni regionali di primavera, oppure se andare ciascuno per conto proprio. Il pendolo oscilla e in nessuno dei due schieramenti – per ora – le idee sono molto chiare.

La verità, se mai è possibile, sono due. La prima è basata sulla matematica: insieme e con piccoli alleati, il centro sinistra potrebbe farcela anche in condizioni difficili. Divisi, invece, avremmo un netto calo delle percentuali di risultato positivo. Ma c’è un secondo aspetto: i due partiti hanno contenuti programmatici diversi, se non addirittura opposti. Inoltre non sono d’accordo sui candidati presidenti. Questo aspetto rende più forte il centrodestra che, ovunque, si presenta unito e compatto.

I dissensi e le differenze a Roma sono evidenti tutti i giorni e spaziano sui temi più vari. Ma anche a livello locale non si scherza. Basta pensare – ma non è l’unico caso – alla Gronda, alle grandi opere e alla politica industriale.  E’ un discorso che rovesciato, aggiungendo anche la delicata questione della prescrizione processuale, si ritrova costante anche a livello romano, accentuando così anche la distanza critica anche con alleati di partiti minori come i renziani e il gruppo che fa riferimento a Enna Bonino.

L’area moderata del centrosinistra, infatti, in Liguria, come del resto in altre regioni dove si voterà, potrebbero correre con liste autonome, non avendo troppe simpatie per i grillini. In parole povere la situazione potrebbe anche trovare per la fine della settimana un chiarimento   tra i due partiti maggiori, ma tutte le soluzioni restano aperte, anche perché certe scelte più care al M5s – puntate in particolare su candidati esterni della cosiddetta “società civile” con liste civiche -  non sono particolarmente gradite al Pd che punta su posizioni più tradizionalmente politiche.

Di fatto però, anche per ammissione dei vertici dei partiti in Liguria, le decisioni definitive dovrebbero arrivare da Roma, ma non è pensabile che siano autonome e senza confronto. Ci saranno certamente incontri, anche informali, tra Pd e M5s per mettere a punto un minimo di strategia, anche se la situazione politica delle diverse regioni dove si dovrà votare entro maggio (ma la date sono ancora nell’aria e non si capisce bene come, visto che si volterà pure il referendum sulla riforma elettorale e sul taglio dei parlamentari) si presenta diversa da caso a caso. Resta in piedi comunque una considerazione di fondo molto banale se si vuole: se i partiti dell’area di centrosinistra andranno al voto divisi sarà di fatto un regalo al centrodestra che, da sempre al momento elettorale, serra le fine e supera gli eventuali contrasti interni. Il centrodestra ritiene più importante vincere comunque, al di là di eventuali divergenze (che pure esistono, sia sui candidati sia sui contenuti). Quindi è un avversario ostico, proprio rispetto al centrosinistra dove i quattro alleati principali hanno tattiche, strategie e obiettivi differenti. C’è un solo elemento che sino a oggi li ha tenuti uniti, vale a dire il “no” al voto anticipato per il quale il Pd teme di restare solo all’opposizione, con il crollo più che prevedibile dei grillini e le modeste percentuali degli altri alleati dai renziani a Leu alla lista Bonino. Ma il governo, così fragile e ballerino, quanto potrà reggere ancora?