Regionali, il confronto a Telenord: i big, gli outsider, i comunisti e i forestieri
di Matteo Cantile
Ecco come è andata tra i nove candidati che si sono sfidati a palazzo Interiano Pallavicino nel confronto elettorale in vista delle elezioni del 27-28 ottobre
Il più aggressivo, Alessandro Rosson. La più ecumenica, Maria Antonietta Cella. Nel mezzo tutta la varia umanità della politica, quella grande, delle coalizioni nazionali, e quella piccola, dei movimenti che alle elezioni fanno atto di testimonianza.
I big - Nel dibattito organizzato da Telenord a palazzo Interiano Pallavicino la discussione è ancora una vota polarizzata sui due candidati principali, Marco Bucci e Andrea Orlando. A loro sono rivolti gli attacchi più serrati, le domande incrociate sono quasi sempre per loro. Inevitabile.
Poche scintille - In un dibattito caratterizzato da una buona dose di fair play (solo Bucci in una circostanza ha alzato la voce per chiedere che si rettificasse una frase di Morra, che aveva erronamente accostato Bucci all'inchiesta giudiziaria e di cui si è prontamente scusato), i passaggi più tesi hanno riguardato ovviamente Orlando e Bucci e con loro il candidato di Indipendenza Alessandro Rosson.
Le domande incrociate - E' stato lo schema delle domande incrociate a far salire il livello dello scontro: Bucci ha chiesto a Orlando perché non abbia inserito nessun riferimento alla Nautica nel suo programma ufficiale, il candidato del centrosinisttra ha risposto di avere fatto una proposta sulla transizione ecologica nel settore come sua prima proposta. Orlando, invece, ha scelto un attacco più personale, chiedendo a Bucci dove volesse fare il monumento a Toti (che aveva detto "Dovrebbero farmi un monumento"): "Glielo faccio a Spezia, davanti a casa tua", ha risposto il candidato del centrodestra, precisando immediatamente di avere fatto una battuta.
Discontinuità - Ma nello scambio Orlando - Bucci c'è un altro passaggio significativo, quello sull'eredità totiana. Lo stesso ex presidente aveva detto che il centrodestra avrebbe dovuto operare in continuità con il suo governo regionale perché la discontinuità è rappresentanta da Andrea Orlando. Su questo Bucci appare un po' freddo: "Io certamente porterò avanti tutte le cose buone fatte dalla giunta precedente, anche quando mi sono insediato in Comune ho portato avanti alcune cose buone della giunta Doria". Toti come Doria, insomma? Forse no ma di certo quella di Bucci non è proprio una professione di 'totismo'.
Rosson il duro - Il più agguerrito nei confronti di Bucci è Alessandro Rosson che, candidato della destra (negli ultimi anni ha lavorato in regione con la squadra di Medusei che, evidentemente, non era abbastanza di destra), sceglie Bucci come suo avversario preferito. "Se quello che hanno scritto Secolo e Repubblica sul tuo conto durante l'inchiesta è falso li devi querelare, se è vero non puoi candidarti". La risposta del Sindaco è insolitamente calma, ormai è evidentemente abituato ad attacchi di questo tipo.
Morra opaco - Un giornalista sportivo gli avrebbe dato un 5,5, senza infamia e senza lode. In un contesto in cui gli esponenti dei partiti più piccoli hanno alzato il tiro (in qualche caso usando un po' la fantasia), l'ex senatore ha scelto il suo profilo più istituzionale, con un risultato non del tutto convincente.
La sindaca - Maria Antonietta Cella gioca, e bene, la parte della pragmatica. Il centrodestra l'avrebbe voluta nelle sue liste e al dibattito si è capito perché. Non si è capito, invece, perché lei non abbia accettato e quale sia il senso di una candidatura meramente simbolica.
I comunisti - Ferrando e Rollando (le curiose assonanze con Orlando finiscono qui) sono un meraviglioso viaggio nel passato. In particolare Ferrando che sfoggia tutto il suo armamentario da anticapitalista militante e una serie di espressioni che da qualche tempo si sentono poco. Rollando, invece, è un orgoglioso boscaiolo che sostiene di parlare solo "ai proletari e sotto proletari".
I forestieri - Le elezioni regionali sono anche l'occasione per alcuni movimenti di mostrare all'elettorato il proprio simbolo, ecco perché nella contesa ligure ci sono anche Davide Felice e Francesco Toscano, che liguri non sono e non fanno molto per sembrarlo. Toscano ha l'ambizione di mettere insieme la tradizione post comunista e quella democratico cristiana: ne esce un mix sovranista e vagamente filo russo (vagamente, perché è possibile che nelle loro intenzioni ci sia più il tema della pace che quello dell'amicizia verso Putin), comunque ben poco aderente alle questioni locali. Davide Felice, lumbard dall'accento inconfondibile (con lui sembrava di essere a una delle riunioni della prima Lega in un circolo di Lumezzane o di Manerbio) che per essere l'esponente di un partito che si dichiara "no vax, no Euro, no war" è stato fin troppo moderato nell'esposizione.
Com'è andata? - Abbiamo titolato "vince il fair play", ed è vero. Una correttezza che, forse, è anche figlia di posizioni abbastanza cristallizzate: dei candidati si è detto tutto, o quasi. "Fate il vostro gioco", direbbe ora il croupier.
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