Quanti partiti muteranno il loro Dna?

di Paolo Lingua

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Quanti partiti muteranno il loro Dna?

L’attesa che ci rende inquieti riguarda le incertezze e le situazioni poco chiare intorno alla produzione, alla distribuzione e all’applicazione dei vaccini. Sappiamo ormai che solo con una rapida ed efficace vaccinazione sarà possibile sconfiggere il coronavirus e tornare alla normalità di cui abbiamo tanta nostalgia. Viviamo infatti una esistenza artificiosa e condizionata. Ci auguriamo che Mario Draghi dimostri la sua managerialità politica e, tramite la sua nuova squadra, renda tutto funzionale e accelerato. Nel frattempo, non è possibile non osservare, non senza stupore, il movimento dei partiti e le loro modificazioni interne che fanno pensare, forse perché siamo in era di virus, a modificazioni continue e nevrotiche del loro dna. Una cosa è chiara. Nessuno, forse con la sola eccezione di Fratelli d’Italia, vuole andare al voto prima della scadenza naturale del 2023.

Anzi, anche per via della pandemia, sta emergendo l’ipotesi di spostare le elezioni amministrative dalla primavera all’autunno di quest’anno. In realtà, sia a livello locale, sia a livello nazionale, tutte le formazioni temono la prova delle urne, anche perché in effetti l’attuale ripartizione tra le forze nei due rami del Parlamento non corrisponde in maniera assoluta alla realtà. Basta fare un passaggio veloce in casa di ciascun movimento. Partiamo dall’estrema sinistra, fatta di piccoli partiti di non semplice aggregazione. C’è stata una spaccatura al momento della fiducia al governo Draghi per il momento non sanata. La situazione è assai più complessa e presenta intrecci inestricabili in casa del M5s. Non è facile capire quali sono i rapporti tra Grillo e Casaleggio e al tempo stesso di Casaleggio nei confronti dei vertici del movimento.

Nel frattempo sta sorgendo in Parlamento una sorta di nuovo movimento che potrebbe assumere la denominazione di Italia dei Valori, con il consenso di Di Pietro (altra situazione poco chiara). Ma non tutti quelli che hanno votato “no” a Draghi sono d’accordo e, al tempo stesso, non è ancora emersa quale sarà la linea d’azione di Di Battista, ribelle per antonomasia. Ma molti si chiedono  quali potranno essere le mosse dei ministri grillini all’interno dell’esecutivo di Draghi. A fianco stanno emergendo posizioni diversificate all’interno del Pd alla vigilia d’un congresso che potrebbe svolgersi in aprile : ci sono posizioni di ministri non omologhe con quella del segretario Zingaretti. L’ipotesi dell’accordo parlamentare a tre con Leu e grillini sembra invece sfumare, così come non emergono con chiarezza scelte di candidati unitari per i grandi comuni, dove le divergenze, basta pensare a Roma e a Torino, sono evidenti. Il Pd oscilla tra una politica spostata verso la sinistra e una spostata al centro.

E Renzi? L’ex presidente del consiglio sembra pago di aver silurato Conte, ma a sua volta evita di parlare di elezioni. I sondaggi gli sono per ora ostili da sempre. E il centrodestra, diviso nel governo, potrà tornare unito alle amministrative e, magari domani, alle politiche? Nulla è chiaro. Salvini, portata la Lega al governo in un momento critico e di calo del partito, sembra cercare una nuova linea, incalzato dal suo vice Giorgetti, ora ministro, che punta  su posizioni centriste piuttosto che  sulla vecchia linea di destra e sovranista. Forza Italia ha piccole scissioni ma tutti si interrogano sul futuro di Berlusconi. Chi dei dirigenti attuali sopravviverà al leader fondatore? E come si muoverà l’elettorato. Giorgia Meloni resta arroccata all’opposizione. I suoi obiettivi sono semplici. Punta alla coalizione di centrodestra e a raccogliere voti da parte degli scontenti dei partiti alleati. Ma la sorte di tutti i fragili partiti di oggi dipenderà molto dal successo che potrà raccogliere Draghi. Questo è il vero sentiero sul quale su muove la storia dei nostri giorni. Dalla fortuna di Draghi potrebbero davvero emergere le modificazioni del dna di tutti gli schieramenti.