"Modello Genova" chi lo vuole e chi lo avversa
di Paolo Lingua
“Modello Genova”, inteso come sistema vincente per far riprendere, in tempi rapidi e spediti, le “grandi opere” in gran parte paralizzate o frenate da anni e anni, quante possibilità ha, in concreto, di essere la soluzione concreta e operativa di sblocco d’un sistema condizionato da un assurdo intreccio di leggi, leggine, regolamenti che sino a oggi hanno bloccato il “sistema Italia”? A parole sono quasi tutti d’accordo: tutti favorevoli a semplificare il sistema dei pubblici appalti per far correre di nuovo l’economia italiana. Ma come, in che modo, con quali mezzi, con quali interventi legislativi? In Italia, da decenni, è facile promuovere modelli astratti.
Ma non è facile entrare con il metaforico bisturi a tagliare tutto quello che intralcia un sistema decisionistico. La discussione nasce all’indomani dell’inaugurazione del Ponte Genova San Giorgio, realizzato in quindici mesi con il sistema commissariale. Nel mondo imprenditoriale e in parte politico il sistema commissariale, portato a termine con grande capacità e determinazione dal sindaco Marco Bucci, ha suscitato entusiasmo e ci sono forti pressioni per applicarlo a grandi opere pubbliche da tempo ferme e la cui realizzazione è da tempo ritenuta urgente. La questione metodologica è strettamente connessa a quelli che saranno gli obiettivi legati ai finanziamenti europei, approvati per ora sulla carta, come “recovery found”. Una modesta parte di quello che sarà il finanziamento previsto per l’Italia (almeno una decina di miliardi) potrebbero arrivare già in autunno. Gli altri quasi 200 miliardi, rateizzati, dovrebbero essere disponibili a partire dalla prossima primavera. Ma bisognerà avere già progetti concreti e programmi di ristrutturazione del nostro sistema economico per avere il “via libera” per poterne fruire. E’ importante parlare di “green economy” e di prospettive di ammodernamento del sistema digitale, in Italia ancora arretrato. Ma sarà ancora più importante avere già pronti e in via di decollo i progetti operativi sulle cosiddette “grandi opere pubbliche” (ammodernamento delle ferrovie, alta velocità, risanamento autostrade e nuovi percorsi in funzione degli spostamenti merceologici internazionali, ecc.) all’interno delle quale sono previsti gli interventi di ammodernamento del sistema dei porti italiani sulla base delle esigenze non più rinviabili dell’evoluzione dell’economia mondiale. Ma questi progetti dovrebbero, in gran parte, essere in condizioni di decollare sulla base operativa del “modello Genova” che ha consentito di ricostruire il ponte in meno di due anni.
Ma già, purtroppo, stanno sporgendo obiezioni, in particolare all’interno del M5S. Infatti si denuncia il rischio di evitare gli appalti e di proceder troppo speditamente sulla base delle scelte dei commissari nominati caso per caso. La discussione riguarda il tema giustizialista del rischio più o meno forte di presenze di appalti legati alla malavita organizzata o a cosche mafiose. Ci sono due ordini di considerazioni di fondo : c’è chi sostiene che il commissariamento è troppo rischioso e chi, invece, afferma che il commissariamento (esempio il caso Genova) ha rimosso ogni rischio.
Il dibattito è rischioso perché coloro i quali sono contrari al sistema commissariale sono anche contrari allo sviluppo delle grandi opere. Per restare per un attimo solo nell’ambito dell’area ligure, quanto sarà possibile rinviare il decollo nel progetto completo (non della metà) della Gronda? Quanto vorrebbero tirarla alla lunga sui progetti delle tangenziali stradale e autostradali da tempi “immobili”? E quanti sono indifferenti all’urgenza dello spostamento a mare della diga foranea, quando invece c’è l’urgenza di recuperare le navi mercantili di “ultima generazione”? La spaccatura non è soltanto a livello ligure, ma è anche, nelle strategie generali, anche e soprattutto a livello governativo. Questo spiga, la di là delle dichiarazioni generiche, le difficoltà operative sul piano concreto. Il “modello Genova” è stato ed è una soluzione pratica per accelerare lo sviluppo produttivo e occupazionale del nostro Paese. Ma gi avversari, palesi e occulti, non una realtà insidiosa che andrebbe sconfitta subito e senza appello.
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