Lavagna: morto su chiatta in incidente, dopo sette anni chieste otto condanne
di Redazione
Le pene richieste vanno da otto mesi per i tecnici dell'ente certificatore a un anno e tre mesi per il datore di lavoro
A sette anni dai fatti, il pubblico ministero Daniela Pischetola, ha chiesto la condanna per otto persone accusate di essere responsabili della morte di Vincenzo Anselmi, comandante di 54 anni, morto in un incidente sul lavoro mentre lavorava a bordo dell’imbarcazione Aqua II. Le pene richieste vanno da un anno e tre mesi di carcere per il datore di lavoro, fino a otto mesi per i sei tecnici dell'ente certificatore che avevano ispezionato il macchinario coinvolto.
La dinamica dell'incidente – Anselmi era rimasto stritolato da una cima legata a una campana, connessa alla gru della barca. Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’incidente era stato causato da un guasto al pulsante di sicurezza che avrebbe dovuto bloccare il sistema di movimentazione delle gabbie. La barca si trovava in mare con due marinai e due sommozzatori impegnati in operazioni di manutenzione dopo una mareggiata. Durante il lavoro, un indumento di Anselmi sarebbe rimasto impigliato, provocando il tragico incidente. Un collega aveva tentato di soccorrerlo, ma anche lui era rimasto ferito.
Le accuse – Il pubblico ministero ha chiesto la condanna a un anno e tre mesi di reclusione per il datore di lavoro, accusato di non aver garantito la sicurezza dei propri dipendenti. Per gli altri sette imputati, tra cui il responsabile della sicurezza dell’imbarcazione e i tecnici dell'ente certificatore, sono stati chiesti otto mesi di carcere. L’accusa sostiene che questi ultimi non avessero effettuato controlli adeguati sul sistema di sicurezza dell’imbarcazione.
Le difese – Durante il processo, le difese degli otto imputati hanno preso la parola, cercando di smontare le accuse. Gli avvocati, tra cui Angelo Paone, Simone Vernazza e Riccardo Lamonaca, hanno sostenuto che non vi fossero colpe specifiche da attribuire ai propri assistiti. La linea difensiva punta a dimostrare che non esistessero responsabilità dirette nella morte del comandante, suggerendo che l’incidente fosse dovuto a un tragico errore umano o a un’imprevista serie di eventi. La sentenza è prevista per il 5 febbraio prossimo.
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