La tormentata (e non brillante) vicenda dell’ex Ilva
di Paolo Lingua
Ilva, Italsider e poi Arcelor Mittal e poi nei prossimi mesi? Il gioco dei nomi ha caratterizzato per anni e anni la complessa e tormentata vicenda della maggior azienda siderurgica italiana. Ma ancora non sarà chiaro quello che accederà nell’immediato avvenire. Oggi è da segnalare la pesante condanna nei confronti della famiglia Riva che ha gestito l’azienda, acquista dallo Stato, nonché gestita per un buona dozzina d’anni, mentre ormai si torna a una acquisizione pubblica, dopo pochi anni di regno (controverso e contrastato e per molti aspetti incomprensibile) da parte del gruppo sovranazionale Arcelor Mittal.
La magistratura ha condannato la famiglia Riva, che acquisì il grande gruppo siderurgico una ventina d’anni fa, a pena molto pesanti, in seguito alle gravi condizioni di inquinamento (e di conseguenza a gravi malattie oncologiche diffuse) che sono tuttora presenti nella città di Taranto, la sede più importante della siderurgia italiana, dopo il forte ridimensionamento di Genova (da 12 mila a mille dipendenti, con la chiusura ormai da tanti anni dell’area a caldo), di Novi Ligure e dopo la liquidazione dei centri di Bagnoli e di Piombino. Si tratterà ora di capire, sino in fondo, quale sarà la strategia ormai di mano pubblica, per quel che riguarda Taranto, dove la cosiddetta produzione a caldo dovrà essere profondamente modificata la fine di eliminare tutti gli aspetti dell’inquinamento ambientale che nella città pugliese è estremamente grave e pesante e che non può più essere tollerato.
I tempi operativi dovranno essere stretti, perché la ex Ilva è una delle maggiori realtà siderurgiche dell’Europa e non può essere bloccata per troppo tempo, con il rischio di uscire dal mercato mondiale alla vigilia d’una potenziale ripresa soprattutto se si abbasserà come previsto l’indice della pandemia. Restano alcuni dubbi pesanti su tutto il settore che ha avuto un percorso travagliato, sia dopo la cessione dei Riva con una gestione prima commissariale e poi con l’ingresso di Arcelor Mittal. Proprio con riferimento della società multinazionale indo-francese, non è ancora chiaro quale sia stata la strategia di Arcelor Mittal che, d’intesa con il governo Italiano ancora ai tempi del centrosinistra, ha modificato di volta in volta i suoi intenti, puntando a ridimensionare l’azienda e a tagliare i livelli occupazionale, provocando un duro scontro con i vertici sindacali, ma mettendo nello stesso tempo in grave imbarazzo lo stesso governo italiano.
Arcelor Mittal volva ridimensionare le spese e la dimensione dell’azienda, oppure voleva semplicemente ridurre il suo peso sul mercato internazionale? Oppure non aveva valutato sino in fondo i rischi di spese e costi sull’area di Taranto? Non è facile tentare una risposta perché, anche con il mutare della natura politica dei governi, Arcelor Mittal ha modificato la sua strategia in diverse direzioni, anche con imbarazzi da parte del governo e scontri con i sindacati confederali. Ora da parte dello Stato sembra che si prospetti una prof onda ristrutturazione dello stabilimento di Tarando, a spese pubbliche, a questo punto. Tutti i punti interrogativi riguardano gli anni che verranno.
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