La Spezia: uccise fratello malato, pm chiede 14 anni
di Redazione
Necessario un processo bis dopo l'annullamento in Cassazione dell'assoluzione in Corte d'appello a Genova
Deve essere condannata a 14 anni e 2 mesi di reclusione per omicidio volontario Marzia Corini, medico anestesista, accusata di aver ucciso, il 25 settembre del 2015, con un'overdose di Midazolam, un sedativo, il fratello Marco Corini, avvocato di vip e calciatori e che era malato terminale di cancro, nella sua casa di Ameglia. La richiesta è arrivata stamani dalla procuratrice generale di Milano Francesca Nanni nel processo d'appello bis, che è iniziato nel capoluogo lombardo, dopo che la Cassazione lo scorso anno ha annullato con rinvio l'assoluzione per la donna che era stata decisa dalla Corte d'Appello di Genova nel maggio 2022. Corte che aveva ribaltato la condanna del primo grado.
Secondo la pg Nanni, la donna, 59 anni, avrebbe iniettato quel sedativo al fratello, che aveva ancora da vivere solo poche settimane, per un mix di moventi, quello "economico" legato all'eredità e quello "personale e familiare". La sua "confessione", ha ricordato la pg, è arrivata in una telefonata intercettata nella quale diceva il 21 gennaio 2016: ""Gli ho fatto un regalo, ho interrotto la sua vita in un momento in cui non era consapevole di avere la morte vicino".
La pg ha chiesto, comunque, in linea con la condanna di primo grado, il "minimo della pena", sostenendo che non si possono riconoscere i "motivi socialmente utili" per il suo comportamento, ma le attenuanti generiche per quel "rapporto personale e familiare" e prevalenti sulle aggravanti. L'imputata ha sempre sostenuto che non voleva uccidere il fratello, ma alleviare le sue sofferenze.
Col verdetto della Cassazione, invece, era stata assolta definitivamente la collega di studio della Corini, Giuliana Feliciani, che in primo grado era stata condannata a 4 anni per falso e circonvenzione di incapace. Marco Valerio Corini, che fu anche avvocato di Gigi Buffon, era morto il 25 settembre 2015, lo stesso giorno in cui aveva programmato un incontro nella sua casa di Ameglia col notaio, per precisare le sue volontà nel testamento. Marzia Corini ha sempre sostenuto che iniettò quel sedativo per alleviare le sofferenze a fronte della morte imminente del fratello e nel rispetto dei protocolli sanitari. Per la pg Nanni l'ultimo oncologo che ha visitato l'uomo aveva parlato di "tre-quattro settimane di vita ancora". Poi, "l'unico medico al capezzale era stata la sorella, che lo ha avuto sotto controllo costante".
Nanni è tornata più volte su quella telefonata intercettata pochi mesi dopo, che la Corte d'Appello di Genova ha considerato non una confessione ma solo uno "sfogo". Nessun elemento, ha spiegato la pg, "ci dice che quel giorno c'è stato un episodio acuto, come un attacco cardiaco". Nanni ha ricordato "il dato della quota ereditaria della sorella, di un milione di euro più la metà di un box". Dunque, come movente c'erano "certamente le mire economiche, però c'era anche altro, ossia la storia di una donna a lungo allontanata dalla famiglia, che poi riprende contatti con il fratello quando sta male e alla fine agisce in quel modo". Così dopo quel gesto, ha detto Nanni, lei "si è sentita di nuovo pienamente accettata in quella famiglia dalla quale era stata esclusa".
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