La situazione della siderurgia a Genova

di Paolo Lingua

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La situazione della siderurgia a Genova

La siderurgia, risolta a Genova nel dopoguerra a partire dal 1951 quando si cominciò a costruire l’acciaieria di Cornigliano dopo aver fatto saltare in aria il Castello Raggio, è stata per qualche decennio l’elemento trainante dell’economia genovese, ancora più del porto che era sempre bloccato dalla burocrazia e  dai giochi complicati degli interessi interni. L’ex Ilva nata nel XIX secolo diventò l’Italsider (una branca dell’Iri) e arrivò a toccare nei due stabilimenti di Cornigliano i 13 mila addetti con un impatto di altrettanti posti di lavoro nell’indotto. Inoltre, essendo Genova la capitale nazionale del gruppo pubblico (con stabilimenti a Novi Ligure, a Piombino, a Bagnoli e a Taranto), nei palazzi di Carignano operavano oltre 1800 addetti all’amministrazione.  

Poi ci fu un netto calo produttivo (assai netto anche in Francia e in Germania), dopo gli anni del “boom” e, alla fine, il gruppo, assai ridimensionato, venne ceduto alla società lombarda del gruppo Riva, poi, com’è noto, dopo quanto era emerso sull’inquinamento, soprattutto a Taranto, si è giunti all’uscita dei Riva, tra azioni penali e denunce in gran parte senza esito (sino a oggi) e alla gestione commissariale pubblica. Sino all’acquisizione, circa un anno fa, da parte del gruppo multinazionale Arcelor Mittal.  La vicenda della siderurgia è concentrata logisticamente in gran parte a Taranto, ma anche Genova è direttamente interessata. Ci sono aspetti economici e occupazionali collegati inesorabilmente a problemi politici: non va dimenticato che tra aprile e maggio in Liguria ci saranno le elezioni regionali.

In queste ore la situazione è apparentemente molto semplici e lineare. Le istituzioni pubbliche – Regione, Comune, Camera di Commercio – sono schierate nella difesa a 360 gradi a favore della sussistenza dell’azienda., che oggi ha tra occupati e cassaintegrati in lavori utili circa 1300 addetti. Ovviamente, in perfetta sintonia, ci sono tutte le organizzazioni sindacali, la Confindustria e le altre associazioni imprenditoriali di categoria (artigiani, commercianti e terziario).  Infine, ma il problema non è l’ultimo sul piano politico, in difesa  radicale della sussistenza dell’azienda e dei suoi dipendenti ci sono i partiti del centrodestra che si preparano, collegati a livello nazionale sulle stesse posizioni, a una battaglia senza esclusione di colpi alle prossime battaglie elettorali. In difesa delle scelte del governo, con l’affanno peraltro, c’è solo il M5s.

Mentre il Pd, forse il partito che si trova nella maggiore difficoltà di parlare e di agire, in sostanza tace. Il Governo di fatto ha operato scelte ed espresso giudizi che il Pd e la sinistra in generale non hanno mai  condiviso, ma che adesso appare costretto a trangugiare per salvare l’esecutivo di cui fa parte. Una situazione imbarazzante, soprattutto in una regione dalle tradizioni politiche peculiari della Liguria da più di mezzo secolo  e dopo aver sostenuto quasi vent’anni fa il cosiddetto “ accordo di programma”. A questo punto, se dovessero precipitare gli eventi, la prospettiva elettorale per il centrosinistra si farebbe davvero fosca.