La riapertura: incognite e speranze

di Paolo Lingua

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La riapertura: incognite e speranze

Il 3 giugno è il giorno della riapertura dell’Italia, intesa in tutti i sensi che vanno dalla possibilità di nuovi consumi alla libertà di viaggiare per tutto il Paese. Cadono i confini fittizi tra le regioni, triste condizione ma necessaria,  come conseguenza ineluttabile del coronavirus. L’opinione pubblica, a tutti i livelli, resta sempre sotto la pressione di due istanze: il timore del contagio e la voglia esistenziale di ripartire e di tornare alla normalità della vita in tutti i suoi aspetti. I tre mesi di “prigionia” - necessaria e obbligatoria – ci hanno segnati. Ma il “dream” della maggioranza degli italiani non è quello che molti opinionisti saccenti suggeriscono, vale a dire una vita “diversa” dopo l’esperienza del virus. In realtà la quasi totalità della cittadinanza viole invece tornare al “tutto come prima” e semmai cercare di dimenticare i mesi drammatici della paura e della tensione.

Ma per riprendere una normale vita di lavoro e di divertimenti ci vorrà gradualità e ancora un buon numero di mesi. Anche perché la sicurezza arriverà solo, come in passato, quando saranno messi a punto vaccini efficaci. Solo allora il coronavirus diventerà un’ infezione abbastanza simile alle influenze che già sono state ridimensionate e messe sotto controllo.

Le premesse sulle istanze psicologiche che condizionano un po’ tutti sono necessarie per cercare di capire che cosa potrà succedere nei prossimi giorni e soprattutto nelle prossime settimane. Ci sono percorsi nettamente differenti. Il primo è la ripresa della grande economia che abbraccia l’industria, la produzione di eccellenza e il sistema dei trasporti e import export (e qui entrano in gioco i sistemi portuali e aeroportuali). Questo primo aspetto potrebbe decollare al rallentatore – non a caso abbiamo avuto degli stop anche nello scalo genovese, il primo d’Italia -ma dovrebbe, lentamente, andare in crescendo anche perché collegato alla ripresa internazionali e agli intrecci complessi tra gli Stati. E’ il settore che può attingere con maggior sicurezza dal credito finanziario e bancario e anche da quelli che saranno i finanziamenti che l’Europa (tanto per restare nel nostro specifico ambito) sta mettendo a punto. Si tratta del sistema di prestiti agevolati e di investimenti a fondo perduto che dovrebbero decollare dall’UE e che dovrebbero essere operativi dal prossimo autunno. In questa prospettiva dovrebbe giocare un ruolo determinante l’asse tedesco-francese, frutto anche della strategia di Angela Merkel che ha capito che la crescita italiana quella tedesca sono interconnesse e complementari.

Il secondo aspetto riguarda invece un mondo medio-piccolo che verte soprattutto sul commercio al minuto e sull’ artigianato. In questo settore vanno compresi anche altri aspetti del terziario, collegati ai servizi e, in questo momento stagionale specifico, tutto quanto è connesso al turismo. Molti dubbi emergono in particolare sul commercio: si teme che un terzo dei negozi, di qualunque settore, non ce la facciano a riaprire. Un discorso che vale, con percentuali variabili ma vistose, per bar, ristoranti, piccoli alberghi, per non parlare della situazione vacanziera, quella balneare in particolare , ma anche tutte le altre attività connesse (laghi, montagna, località termali città d’arte, ecc.).

In questo articolato settore economico i dubbi sono grandi e le capacità di previsione annaspano nel vuoto. Le informazioni e i messaggi mediatici sbandano. Prendiamo come esempio la nostra regione che è dominata dalla economia del commercio al minuto e dal turismo. Sino a pochi giorni fa si prevedeva, con l’apertura tra tutte le regioni, un arrivo nelle località balneari di clienti provenienti dalle regioni confinanti (in particolare Lombardia, Piemonte ed Emilia):  un certo numero di turisti “free” e  proprietari di seconde case. La Regione, addirittura, aveva annunciato una promozione solo su queste aree, tralasciando l’Europa. Ma, adesso (anche se tutto è da verificare) sembrerebbero emergere interessamenti e prenotazioni dalla Germania e, in parte, dalla Francia per i mesi di luglio e di agosto. Il problema è quello dei numeri. Quali disponibilità finanziarie ha questo potenziale turismo? Saranno vacanze “tocca e fuggi”? E perché ci sarebbe invece un relativo disinteresse da parte delle regioni italiane confinanti?

Quanto incidono sulle news contrastanti che ogni giorno si inseguono gli interessi dei politici e degli amministratori locali nell’annaspante ricerca di consenso in vista delle elezioni regionali e amministrative d’autunno (sia pure con data da destinarsi in un marasma di esigenze diverse e contrastanti al limite del grottesco)? Si ha  la  netta sensazione che si navighi a vista mescolando la realtà che abbiamo di fronte con  quello che invece vorremmo che accadesse. Uno degli aspetti delle variabili comportamentali di questa vicenda che stiamo attraversando riguarda la paralisi di ogni programmazione. Ci sono alberghi in Liguria che hanno fatto sapere che quasi certamente non riapriranno, così come certi ristoranti anche di una certa dimensione. Le distanze obbligatoria fanno prevedere un potenziale di meno della metà delle disponibilità, o anche meno. In questa condizione è arduo capire di quanto personale si potrà avere necessità. Difficile le ordinazione di alimentari e altri servizi. Salvo miracoli il taglio delle entrate sarà drastico, ma non sarà proporzionale il taglio delle spese per garantire i servizi. Tutti i consumi superflui del passato saranno quasi annullati, un po’ per una strategia di contenere i consumi un po’ perché non ci saranno offerte adeguate. Più che procedere si brancola e non basta certo, come avviene con qualche eccesso mediatico in questi giorni, descrivere l’assalto alle spiagge libere che, sia detto con tutto il rispetto, non fanno parte delle risorse economiche della Liguria. Si brancola ancora nel buio? Purtroppo sì e, salvo miracoli, i prossimi mesi avranno questa amara caratteristica.