La protesta degli studenti a Genova: "Negozi aperti e scuole chiuse, perché?"
di Alessandro Bacci
Decine di giovani in piazza De Ferrari: "Vogliamo tornare a scuola e alle nostre abitudini". I professori: "I ragazzi sono stanchissimi della dad"
Gli studenti genovesi tornano a farsi sentire con una manifestazione in piazza De Ferrari. Da quasi un anno a causa della pandemia la scuola vive nell'incertezza. I ragazzi si sentono abbandonati, senza soluzioni reali per arginare la didattica a distanza, un metodo di insegnamento che all'unanimità sembra considerato insufficiente per un corretto insegnamento. I legami umani delle classi sembrano ormai solo un lontano ricordo e fa effetto vedere i ragazzi armati di smartphone o pc per seguire una lezione con le cuffiette nelle orecchie e la sensazione di alienazione dal resto del mondo.
"Siamo in piazza per tutti gli studenti, per il futuro della scuola - afferma Lucia Piccolo portavoce del coordinamento studentesco 16cento - Vogliamo tornare a scuola e alle nostre abitudini. C'è una grande percentuale di studenti che abbandoneranno la scuola, ci sono fattori psicologici, l'aumento dell'uso di droga e alcol. Siamo stati abbandonati dalle istituzioni, noi vogliamo che sia garantito il diritto dalle istituzioni. Siamo consci che in caso di un aumento dei contagi la prima cosa che sarà tolta è la scuola. Ci sono cose che la didattica a distanza non può dare, in dieci mesi nulla è stato fatto. Noi vogliamo delle soluzioni, devono essere presi in considerazione tanti fattori. Se hanno aperto i negozi e le fabbriche, anche in lockdown, perchè le scuole non possono essere aperte in sicurezza?! Sicuramente anche il 25% di presenza, turnare gli studenti... In questo momento riunire gli studenti in piazza è più diffcile, noi siamo qua anche per gli studenti che non ci sono e che sono in difficoltà in questo momento."
Il freddo non ha fermato gli studenti, riprendere le lezioni in presenza è troppo importante per la formazione scolastica e umana dei giovani. Una protesta supportata anche dai professori che dopo anni di lavoro hanno dovuto fronteggiare la didattica a distanza con enormi difficoltà.
"I ragazzi sono stanchissimi della dad - spiega Fabio Contu, professore di italiano e storia - sono stanchi di non poter avere rapporti tra di loro e potersi interfacciare con noi. Con la dad hai anche meno tempo perchè c'è anche il diritto alla disconnessione. La dad distrugge il rapporto umano e pone il problema dell'esclusione dei più fragili. Quelli si perdono immediatamente, hanno bisogno di una didattica in presenza. Sono stati spesi 350 milioni di euro per i banchi a rotelle, io dico perchè non sono stati spesi per ristrutturare edifici scolastici per dare più spazi ai ragazzi. L'assembramento è dovuto alle classe pollaio, io ho una quarta di 30 alunni non è possibile fare lezione neanche in presenza. Le scuole primarie e secondarie vanno in presenza, perchè lì non scoppiano focolai? Evidentemente le misure si possono tenere in presenza, il problema è che bisogna avere un'idea di scuola come luogo di formazione e non solo di contebnimento. Elementari e medie sono aperte perchè le persone non sanno dove lasciare il figlio, alle superiori i ragazzi possono stare a casa da soli."
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