Il tormentato destino della Banca Carige
di Paolo Lingua
La sentenza di primo grado che un mese fa ha respinto la richiesta di danni da parte del gruppo Malacalza nei confronti della gestione passata della Banca Carige – e che comunque dovrà passare per altri due gradi di giudizio – ha riacceso gli interessi di istituti finanziari e strutture simili nei confronti della banca ligure. E’ ricominciata, a voler semplificare una realtà che invece è assai complessa sia a livello nazionale sia a livello internazionale, la corsa per accaparrarsi il contro su un istituto finanziario che, bene o male, ha ancora un peso a livello regionale e presenze, sia pure in calo, su sportelli nazionali.
Non va dimenticato che la Carige, prima del “crollo” (anche d’immagine) che è venuto con le azioni processuali nei confronti della storica gestione di Giovanni berneschi, erede della banca leader del dopoguerra in Liguria, ha sempre avuto un ruolo di primo piamo a 360 gradi nell’economia del territorio. E che ha avuto un ruolo di riferimento preferenziale per risparmiatori e piccoli azionisti. Una dimensione certamente ridimensionata ma non del tutto perduta.
Di qui l’offerta, con il lancio potenziale di ina Opa, da parte della Banca Popolare dell’Emilia Romagna che, per quasi un gioco della sorte, è guidata da Piero Montani, già ad della Carige, all’indomani della crisi che aveva visto l’azione della magistratura contro Giovanni Berneschi, ma poi allontanato dal nuovo azionista di maggioranza Vittorio Malacalza. Sembrerebbe quasi una rivincita storica, considerato che la situazione del gruppo Malacalza, nei confronti della gestione Carige, non è brillantissima dopo la sentenza del tribunale di Genova.
E’ ancora presto per valutare l’offerta della Bper che, sulla base delle prime cifre, sembrerebbe assai vantaggiosa per l’acquirente, considerate le condizioni attuali (non brillantissime) della Carige. L’offerta ha fatto muove in netta crescita la Borsa (ieri e ancora oggi) sia per la Carige, sia per La Bper. Ma i movimenti delle Borse, in questi contesti, risentono di giochi al rialzo (o al ribasso a seconda dei casi) sulla base di speculazioni che hanno anche un carattere emotivo, se è concesso usare questo termine. Il gruppo bancario modenese, se riuscirà a realizzare l’acquisto della Carige (che si dovrebbe realizzare, salvo ostacoli, entro la fine di gennaio) estenderebbe il suo mercato oltre alla Liguria anche a parte della Toscana.
Il gruppo, secondo alcune valutazioni, potrebbe diventare il quarto in Italia per dimensioni operative. L’opzione di acquisto, sempre secondo voci e gossip non confermati, sarebbe visto con favore dagli ambienti governativi e dai vertici finanziari, dal momento che, nelle scorse settimane, si sono bloccate altre ipotesi di acquisizione e di fusione tra banche e istituti nazionali. Ovviamente tutto non è scontato, anche per la complessità della movimentazione delle questioni bancarie e finanziarie del nostro Paese.
Non solo, al di là d’una risistemazione certamente positiva della Carige negli ultimi mesi, con un miglioramento lento ma continuo dell’assetto generale dopo anni di sofferenze e di ridimensionamenti, la banca appare più appetibile sul mercato, tanto è vero che si parla anche di altre possibili offerte. Sull’istituto ligure però, al di là del felice (per la banca) primo round giudiziario, penderà per i prossimi anni l’azione giudiziaria del Gruppo Malacalza che certamente non demorderà dalla sua azione di richiesta danni rispetto alle gestioni degli anni scorsi. Non va dimenticato che oltre alle richieste di danni di fronte alla magistratura italiana (oltre 500 milioni) è in corso anche un’azione presso le corti europee. Vedremo che cosa succederà nell’immediato futuro. Resta il fatto che il percorso della Carige si annuncia estremamente tormentato.
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