Il (complicato) percorso verso la “normalità”

di Paolo Lingua

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Il (complicato) percorso verso la “normalità”

Sui rapporti con l’Europa stanno implodendo discussioni e polemiche di natura tecnica accanto a quelle, forse meno profonde, legate alle diverse posizioni politiche. Per fermarci a quest’ultimo caso, forse non ha torto Silvio Berlusconi che, staccandosi dalle posizioni radicali di Salvini e della Meloni, afferma che i 37 milioni del Mes sono alla fin dei conti una iniezione di denaro fresco che potrebbero, oltre ad altri settori, ristrutturare tutto il settore sanitario italiano. E’ una posizione che vede d’accordo forze assai lontane tra loro come il Pd e i renziani e che lascia invece ancora divisi (ma al loro interno c’è n piuttosto una garanon poca confusione) i grillini, una buona parte dei qumali non è lontana dalle posizioni più radicali del centrodestra, tradizionalmente ostile all’Europa. E’ molto probabile che nelle prossime ore si prosegua verso una sorta di compromesso perché una rottura radicale, in questo momento, oltre che inconcepibile appare irreale.

Più complesse sono le osservazioni i i dubbi di natura tecnico-finanziaria che vengono da ambienti manageriali e specialistici al di fuori della cerchia dei partiti. C’è infatti chi osserva che i 400 miliardi che la Ue annuncia di poter investire per rilanciare l’economia non sono di fatto una liquidità reale che dovrebbe essere immessa a favore delle imprese per ripartire alla massima velocità, ma piuttosto una garanzia generale per gli istituti di credito che dovrebbero a loro volta finanziare le imprese. Secondo i tecnici a questo punto il sistema del prestito (dai famosi 25 mila euro in su) entrerebbe nelle articolate regole consolidate con pesanti difficoltà per le imprese sia per la durata dei tempi di restituzione, sia per le variabili di interessi sulle somme pattuite e sulle garanzie.  In parole povere si rientrerebbe, con la sola garanzia generica del credito europeo potenziale, nel non facile sistema creditizio corrente e quindi con restituzioni che potrebbero incappare nel percorso di alti tassi di interesse

Tutte  queste problematiche dovrebbero rientrare nel contesto della ripresa delle trattative a livello europeo dei prossimi giorni, anche perché gli aspetti strettamente  finanziari e creditizi dovranno essere coordinati con la cosiddetta “fase 2” che dovrebbe decollare nella prima decade di maggio. Le imprese maggiori (ma anche e soprattutto i piccoli artigiani e commercianti al minuto) devono sapere come e in che modo poter ripartire, in particolare se, in questi mesi di blocco hanno subito danni economici vistosi. I rischi di chiusure e di non riaperture sono  molto alti, con effetti ancora più pesanti sull’occupazione, con il Sud dove sono vistosi e incontrollabili i fenomeni di lavoro “nero”, una realtà assai vistosa anche prima dell’esplosione del coronavirus.

Ci sono degli aspetti della crisi che l’Italia sta vivendo che non sono ancora chiari: qual è la reale situazione economica e del mercato? Quali sono i prodotti che hanno maggior perso sull’export? Quali sono i reali “vulnus” che sono stati subiti in questi mesi  di blocco produttivo? E quali altre ferite si aggiungeranno in alcuni settori, in particolare del terziario, considerato che una importante “tranche” della nostra ricchezza, vale a dire il turismo in tutti i suoi aspetti diretti e collaterali subirà senza alcun dubbio un durissimo colpo nei prossimi mesi estivi?

Si ha la sensazione che il governo non abbia informazioni molto precise. Ma è un discorso che vale ancora di più per le Regioni e per i Comuni. In Liguria, con una maggior prudenza del comune di Genova, più preoccupato delle questioni che riguardano i servizi pubblici, la Regione ha annunciato per i primi giorni della prossima settimana le sue “scalette” della ripresa, ma non si sa ancora bene come e in che misura si articolerà la cosiddetta “gradualità”. Il presidente Giovanni Toti che ha l’abitudine di trasformare in ottimistici spot propagandistici le sue decisioni amministrative, freme per la ripresa. Pensa alle elezioni del prossimo autunno e cerca di guadagnare il favore e il sostegno delle attività imprenditoriali  che scalpitano per riprendere. Anche nel suo caso, certi settori del terziario sono i più incalzanti. Ma sono proprio le fasce più a rischio: il turismo in tutti i suoi aspetti, il piccolo commercio, ma in particolare bar, ristoranti. locali di ritrovo, discoteche, pizzerie, parrucchieri. Non è facile cavarsela con le promesse per recuperare consenso. Poi, alle spalle di tutto, c’è il coronavirus e la Liguria, purtroppo, non è nelle migliori condizioni per il momento.