I fautori (e gli occulti nemici) del “metodo Genova”

di Paolo Lingua

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la lettera al premier Draghi firmata da 45 ex sindaci

I fautori (e gli occulti nemici) del “metodo Genova”

Sono 45 i sindaci – di tutti i maggiori capoluoghi di regioni e di province – che hanno scritto un denso messaggio al premier Draghi in margine ai contenuti del Recovery Plan che è in via d’essere messo a punto: è uno strumento determinante per la ripresa economica e la sua stesura ha subito continui ritardi ma che è troppo importante per essere considerato uno strumento burocratico qualsiasi. I sindaci non sono preoccupati solo per i contenuti, ma anche per una certa situazione di disordine amministrativo degli enti locali con difficoltà di dialogo e di coordinamento. Quindi dialogo serrato e confronto operativo tra il governo e gli enti locali ne procedure straordinarie di semplificazione e di controllo con una “cabina di regia nazionale”.

Si chiede anche l’adozione di un “metodo Genova”, che andrebbe bene anche per la gestione delle opere da realizzare. Il “metodo Genova” torna dunque alla ribalta del dibattito politico nazionale. Sono molti gli amministratori pubblici che sono rimasti favorevolmente colpiti dalla metodologia con la quale in meno di due anni è stato ricostruito il Ponte Morandi, grazie anche alla gestione commissariale del sindaco Marco Bucci . E anche molti giuristi hanno ammesso che la vicenda non doveva restare fine a se stressa e peculiare di un evento tristemente straordinario. Il motivo, come gli osservatori più intelligenti  hanno subito compreso, è che il “metodo Genova” ha messo in luce ancora una volta in luce il sistema burocratico italiano, fatto di infinite leggi e leggine e di passaggi amministrativi che hanno finito sovente per ritardare se non bloccare scelte operative da realizzare in fretta nell’interesse pubblico. E allora? In realtà, qualche mese dopo il successo della ricostruzione, sono emerse striscianti non poche osservazioni critiche.

La prima, di natura ipocritamente moralistica, parte dal presupposto che la selva di leggi è una difesa della legalità e dai rischi di infiltrazioni malavitose: vero solo in minima parte, perché sono quasi sempre le complicazioni amministrative a consentire le illegalità. Il porte è stato ricostruito alla luce del sole, all’insegna delle scelte di maggiore sicurezza. E’ proprio il sistema meno burocratico che consente la maggiore trasparenza. Ma sarà possibile, proprio durante la gestione di Draghi, falciare le leggi inutili e frenanti? Forse si potrebbe partire davvero dal Recovery Plan, imponendo e accelerando il dialogo tra le istituzioni locali e nazionali.  Benvenuta quindi la lettera dei 45 sindaci che hanno accumulato in tanti anni esperienze negative da arrivare a chiedere a Draghi il “modello Genova”, città capoluogo, in futuro, di efficienza e di velocità.