Gli intrecci confusi della politica italiana

di Paolo Lingua

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Il punto di Paolo Lingua

Gli intrecci confusi della politica italiana

Da qualche settimana esperti, politologi ed economisti si interrogano sull’avvenire italiano dal punto di vista dell’assestamento politico. E ognuno si interroga sulle strategie palesi ma soprattutto occulte della Lega, del M5s e dell’area che fa (più o meno) riferimento al Pd. Fermiamoci un attimo a riflettere, sempre che sia possibile impiegare l’uso della ragione di fronte a un “puzzle” assurdo. Cominciamo dal pezzo più grosso: che cosa vuole, in concreto, Matteo Salvini? Lui non lo ammette, ma si gonfia sulla base dei sondaggi che lo darebbero ormai vicino al 40%. Ha un potenziale elettorato che ragiona sempre di più con la pancia. E’ un popolo cui vanno bene le battaglie contro gli immigrati (che ormai arrivano con il contagocce) e una forza pubblica che flette i muscoli anche se poi mafia e ‘ndrangheta dilagano  dal Sud al Nord. E’ vero che Salvini – e qui a ragione – insiste per la riapertura di cantieri pubblici e privati in particolare per realizzare grandi opere, ma il programma economico è offerto un po’ sottotono rispetto agli altri argomenti certamente più fragili. Ma qual è il vero “dream” di Salvini: forse governare da solo? Non sono in pochi a sospettarlo e questa è la parte infantilmente mussoliniana del suo progetto. Essere un capo che non dipende da nessuno.

Val la pena di ricordare Alcide De Gasperi che nel 1948 preferì puntare al quadripartito pur avendo la maggioranza assoluta? Salvini, per quanto possa sembrare assurdo, governerebbe assai meglio un tripartito di centro destra che potrebbe occupare anche aree politiche e sociali parziali, in particolare  con lo spazio di riferimento di Berlusconi che gli coprirebbe le spalle con i borghesi e con i moderati dell’area di centro. Il delirio di onnipotenza è certamente pericoloso: solo per restare agli ultimi esempi basterebbe ripercorrere i clamorosi errori di Matteo Renzi. E qui ci trasferiamo a casa del Pd e dei suoi potenziali alleati. Il partito ha ricevuto negli ultimi anni troppe scosse e troppe sconfitte, perdendo importanti punti di riferimenti in molti campi del sociale. Oltre alle sconfitte alle politiche e alle europee ha subito una continua perdita di amministrazioni comunali e reginali. Certo: il calo vorticoso dei “grillini” lo ha riportato quasi ovunque al secondo posto come alternativa di opposizione. Ma non è certo un obiettivo di cui essere paghi. Il Pd di Zingaretti che si arrabatta tutti i giorni a tenere in piedi la contestazione su tutti i fronti al governo vede ogni giorno l’inquietudine dei cosiddetti “colonnelli”: Calenda, Renzi, Gentiloni, Minniti, Orlando, Del Rio e così via.  Ognuno sembra avere una sua tattica da suggerire: una coalizione che apra al centro; una ipotesi di ricompattamento di tutte le forze di sinistra; una dura guerra oltre che alla Lega anche ai ”grillini” oppure invece un accostamento ai 5s per far saltare l’accordo con Salvini. Un po’ di confusione e un po’ troppa tattica interna per scalzare posti o guadagnare spazi per le prospettive immediate. Più complessa la posizione dei 5s. Sono in difficoltà con l’incalzare di Salvini sulle grandi opere, che hanno salvo minoranza fanatiche, il sostegno della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica. Poi si stanno arrampicando sulle leggi contro la politica: limite  dei mandati, tagli ai vitalizi, per non parlare di tagli alle pensioni presunte “d’oro” e sussidi che puntano solo sul Sud. I “grillini” fanno barricate sui progetti un po’ demagogici che fanno leva sulla cosiddetta “invidia sociale” e sulla “decrescita felice” , temi che non importano quasi più a nessuno.  Ma il vero problema è la possibile crisi. Sanno benissimo che non tornerebbero più al governo. E Berlusconi e Toti che si fronteggiano alle prese con l’eventuale “cambiamento” di Forza Italia? Sono pronti per integrare i contenuti d’una maggioranza di cent4rodestra che riprenda la politica di molte amministrazioni locali, oppure potrebbero puntare ad altre alleanze? E’ un’estate torrida, non solo per il termometro, ma in fondo ai pensieri di tutti c’è la volontà di tirare alla lunga le risse. Si preferisce votare ila prossima primavera e non “al brucio” in autunno, quando gli esiti sarebbero più incerti. Per tutti.