Gli handicap autostradali costano alla Liguria più d’un miliardo
di Paolo Lingua
Nell’arco dell’ultimo anno, sia pure con qualche approssimazione di calcolo (più in difetto che in eccesso), gli stop, i guasti e i ritardi per il cattivo funzionamento della rete autostradale hanno provocato all’economia ligure più d’un miliardo di danni. Il calcolo, come i lettori possono constare nell’analisi dettagliata qui a fianco, è frutto d’un attento riesame dell’associazione “Salviamo Genova e la Liguria” che oggi li ha resi noti. Il calcolo, preciso e ordinato, è stato ricostruito con lo schema classico (che ci ha fatto ricordare gli studi universitari) del “lucro cessante” e del “danno emergente”. Vale la pena di ricordare i diversi settori con accanto la perdita complessiva. Spedizionieri: 231 milioni; Industria e Servizi Terminalisti: 154 milioni; Agricoltura: 5 milioni; Turismo e Commercio: 257 milioni; Autotrasporto: 317 milioni. E, per mettere una ciliegina sulla torta, il calcolo delle perdite è sospeso, perché il Covid-19 continua a incidere sulla crisi economica generale, mentre si annunciano mesi e mesi di lavori sulle autostrade (in particolare la rete della Liguria) con blocchi e interruzioni o percorsi su una sola corsia o fermi a tratti orari giornalieri. Le cifre con il segno meno sono destinate a crescere almeno sino alla fine del 2021.
La radiografia molto efficace di “Salviamo Genova e la Liguria” induce a non poche riflessioni sullo stato dell’economia del territorio e suggerisce quali dovranno essere le scelte strategiche per il suo rilancio e per il suo consolidamento economico in funzione d’una solida crescita, visto che siamo in tema di strategie collegate all’impiego degli ingenti fondi europei (sperando che possano arrivare) del “Recovery Fund”.
Emerge, in primo luogo, come prima considerazione, che il danno economico alla Liguria non è solo attribuibile alla pandemia che certamente ha avuto – e avrà – un peso assai gravoso per i mille e mille limiti che pone alla nostra vita privata e al sistema produttivo in tutti i settori. La questione del sistema dei trasporti e delle comunicazioni, invece, assume sempre di più un ruolo strategico: questione sottovalutate in passato (da tutte le componenti politiche e condizionata da interessi particolari di grandi settori imprenditoriali) e che non va assolutamente sottovalutata per l’immediato futuro. Soprattutto perché oggi la velocità e l’efficienza del trasporto (persone e merci) è un elemento intrinseco allo sviluppo e all’evoluzione tecnologica. L’economia., se si volesse creare un motto emblematico, è anche velocità. E questa linea ha caratterizzato inm passato, per una visione veramente lungimirante, chi ha contribuito a dar vita all’economia moderna. Cavour, quando ancora non era primo ministro ma un semplice imprenditore del settore agrario, aveva puntato allo sviluppo ferroviario, ritenendolo giustamente chiave di progresso, così come aveva creduto con la stessa convinzione, allo sviluppo del trasporto marittimo.
Oggi, con la crescita esponenziale dell’economia del Far East (Cina, Australia, Indonesia, India ecc.) e con la prospettiva d’una ripresa dei rapporti tra l’Europa e gli Usa della nuova amministrazione, la questione dei trasporti e delle comunicazioni assume una importanza maggiore: ferrovie ad alta velocità (o capacità), autostrade, recettività portuale, evoluzione tecnologica delle nuove unità navali, linee aeree sono la strategia vincente.
In Italia abbiamo avuto una ripresa post-bellica, che ricordiamo giustamente come “boom” nel corso della quale è stata sviluppata (giustamente) la rete autostradale ma anche per via della spinta delle imprese automobilistiche in crescita. Ma sono state trascurate le ferrovie. Poi, alla fine degli anni Ottanta, s’è bloccato lo sviluppo del traffico su gomma, anche per interventi degli ecologisti.
Oggi siano a rincorrere – è il caso di dirlo – autostrade e ferrovie. Ecco perché è triste rendersi conto della trascurata e a volte ispirata da malafede gestione e manutenzione delle autostrade. A cominciare dal crollo del Ponte Morandi in Liguria abbiamo pagato, per gli effetti collegati, un prezzo altissimo. In futuro non ce lo possiamo più permettere se vogliamo continiare a essere protagonisti dello sviluppo mondiale che è anche una crescita non solo economica ma anche della qualità della vita.
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