Genova deve ancora scommettere sulla siderurgia?

di Paolo Lingua

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Genova deve ancora scommettere sulla siderurgia?

Gli impianti di Genova (e di Novi Ligure) della ex Ilva, i più moderni e sicuri del gruppo, hanno una importante e determinante funzione sul piano produttivo e dispongono, riguardo ai dipendenti di tutti i livelli, di un potenziale di sviluppo e di qualità produttiva in grado di reggere i mercati internazionali. Non bisogna, come il quale caso è emerso anche a livello istituzionale nelle scorse settimane, limitarsi a pensare al recupero di aree che il calo della siderurgia potrebbe dismettere. La cultura del settore dell’acciaio e del ferro è alta, è una leadership e non va assolutamente ridimensionata. Opinioni di questo genere sono state recentemente espresse da politici e imprenditori, esperti del settore. A partire dall’ex ministro ed ex presidente della Regione Claudio Burlando sino al leader del gruppo siderurgico Duferco, Tonino Gozzi. Ma sono tesi condivise dal mondo industriale e sindacale.

Tutto ciò è emerso all’indomani dello scontro tra i sindacati genovesi e i vertici di Arcelor Mittal la multinazionale che ha acquisito la ex Ilva. Ma i contrasti, che sembravano in parte sopiti dopo che l’azienda aveva deciso di non fare trattenute ai lavoratori che avevano bloccato l’ingresso ai reparti e aveva revocato uno dei tre licenziamenti che, per l’appunto, avevano provocato lo scontro, non sono assolutamente sopiti. Oggi la Arecelor Mittal ha licenziato un ingegnere, responsabile del settore dove operavano i due operai che sono ancora licenziati, ritenuto responsabile di mancati controlli. E a questo punto riprenderanno le tensioni. Ma nel frattempo s’è aggiunto un elemento ulteriore di dialogo tra le parti. Arcelor Mittal, infatti, in questi giorni ha saldato , dopo mesi di ritardi, il contributo, già sancito da precedenti accordi sindacali, alla sms Guido Rossa, istituzione morale e di sostegno ai lavoratori che eroga doni di Natale per i figli dei dipendenti, colonie estive, borse di studio sino all’Università.  Arcelor Mittal ha anticipato anche il contributo di dicembre, versando 130 mila euro.

Tutti i problemi che però sino a ora hanno tenuto aperti i tavoli delle trattative con il governo e con i sindacati sono ancora aperti e lontani da una soluzione concreta, anche perché, al di là di gesti di apertura come il pagamento alla sms Guido Rossa, non sono chiare le strategie di Arcelor Mittal (una riflessione che ha fatto in una lettera aperta dei giorni scorsi lo stesso Claudio Burlando, tornato nel dibattito pubblico dopo il lungo silenzio tenuto anche in campagna elettorale). Non si comprende infatti se la multinazionale è pentita dell’acquisizione della ex Ilva e medita un ritiro a 360 gradi, oppure se tira la corda delle trattative per ottenere tagli del personale, tagli nei costi di gestione ed eventuali compartecipazioni pubbliche per gli interventi ambientali ed ecologici di cui ha bisogno esclusivamente Taranto che ha molti dei suoi settori produttivi da ristrutturare e ammodernare, a differenza, come si sottolineava prima, di Genova e di Novi Ligure.

Restano dunque sospesi tutti gli interrogativi, anche se si spera che le trattative romane riprendano. Si sa che da parte pubblica ci sono forti dubbi sul possibile ritorno della statalizzazione (storica peraltro) della siderurgia italiana e che non è facile, nel caso di ritorno di Arcelor Mittal, recuperare altri acquirenti, anche dando vita a una impresa con diversi soci. Comunque è uno stallo da superare visto che, a detta degli esperti del settore come Tonino Gozzi, c’è il potenziale produttivo e c’è il mercato. Anche perché, nel volgere di sei mesi o al massimo di un anno ci sarà una ripresa della produzione industriale (basti pensare al settore automobilistico) e che quindi occorre essere attrezzati e predisposti per il nuovo balzo della produzione. Occorre un colpo di timone per uscire da una secca che dura da troppo tempo.