Genova, crack Qui!Group: procura respinge proposta patteggiamento Fogliani

di Redazione

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Il legale dell'imprenditore dei buoni pasto aveva proposto 4 anni e 6 mesi

Genova, crack Qui!Group: procura respinge proposta patteggiamento Fogliani

Gregorio Fogliani, il patron di Qui!Group, il colosso dei buoni pasto fallito nel 2018, ha proposto un patteggiamento di 4 anni e sei mesi e una confisca di 100mila euro, a fronte di un crack da 600 milioni. La proposta, avanzata tramite i suoi legali Giacomo Gardella e Vittoria Garbarini, è stata respinta dalla procura di Genova e ora l'imprenditore rischia di non poter più patteggiare.

Definito il patteggiamento della figlia Serena a un anno e 10 mesi, mentre è in attesa di un parere della pm Patrizia Petruzziello e dell'aggiunto Francesco Pinto quello della moglie di Fogliani, Luciana Calabria, per la quale è stato proposto un anno e 10 mesi e la confisca di 500 mila euro.

Il patteggiamento - spiega l'avvocato Gardella - non è una ammissione di colpevolezza ma un modo per evitare un processo difficilissimo che i miei assistiti non potrebbero affrontare perché hanno tutti i beni sequestrati e non potrebbero nominare consulenti per potersi difendere". La proposta è arrivata nel corso dell'udienza preliminare. Già in 14 hanno accolto i patteggiamenti, che verranno formalizzati all'ultima udienza, mentre in cinque hanno chiesto il rito abbreviato.

Le indagini erano partite dal fallimento del colosso dei buoni pasto nel 2018 quando il passivo della società aveva raggiunto i 600 milioni. Oltre tremila i danneggiati. Tra i creditori c'erano i dipendenti ma soprattutto ristoranti, bar e supermercati che avevano erogato cibo e prodotti con i buoni pasto. Fogliani aveva anche ottenuto un appalto della Consip per fornire i ticket ai dipendenti pubblici. Dopo Qui!Group erano via via fallite le altre società collegate, come la Pasticceria Svizzera e il bar Moody sempre a Genova. I reati contestati sono bancarotta fraudolenta, riciclaggio, truffa aggravata e autoriciclaggio. Secondo l'accusa la famiglia avrebbe spogliato la società sottraendo i soldi per spese personali, come una maxi villa in Versilia e il matrimonio da favola di una delle figlie e per alimentare le casse della società Azzurra 95.