Genova, Alberto Scagni picchiato nel carcere di Marassi dal compagno di cella
di Filippo Serio
E' accaduto sabato scorso: il detenuto ha continuato a colpirlo anche mentre si trovava a terra

Episodio di violenza lo scorso sabato sera nel carcere di Marassi, a Genova, ad essere coinvolto è Alberto Scagni, l'uomo che il 1 maggio del 2022 uccise la sorella Alice a Quinto. Scagni, in cella da maggio, è stato preso a pugni dal compagno di cella, detenuto di origine rumena proveniente da Aosta. Il fatto è accaduto nella sezione del carcere dedicata ai detenuti protetti.
L'uomo - come spiega il segretario regionale della UilPa Polizia Penitenziaria Fabio Pagani - ha continuato a colpire Scagni anche una volta che quest'ultimo si trovava a terra con estrema violenza. Scagni, che poche settimane fa era stato condannato a 24 anni e 6 mesi di reclusione per il femminicidio della sorella, ha riportato una prognosi di 7 giorni ed è stato spostato in una camera singola.
"Non è passato tanto tempo dall’omicidio avvenuto in Sesta Primo piano del 13 Settembre scorso, ma stavolta il coraggio e l’immediato intervento del poliziotto ha impedito peggior sorte" - scrive la Uil Pa - "Tutto ciò acclara la perdurante emergenza penitenziaria, sotto gli occhi di tutti tranne che del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e del Governo Meloni, fatta di sovraffollamento detentivo ( Marassi conta 700 detenuti ) , insufficienza degli organici del personale, inadeguatezza di tecnologie ed equipaggiamenti e disorganizzazione imperante. Tutti elementi, questi, particolarmente evidenti a Genova Marassi"
Continua Pagani: "Occorre fermare la carneficina e mettere in sicurezza le carceri mediante un decretolegge che, con procedure d’urgenza e al di là delle fantasiose e difficilmente praticabili idee agostane del Guardasigilli, si occupi di deflazionare la densità detentiva, prevedere immediate assunzioni straordinarie nel Corpo di polizia penitenziaria, mancante di 18mila unità, potenziare gli equipaggiamenti e le strumentazioni e di dare impulso a una riorganizzazione complessiva dell’intero apparato d’esecuzione penale, a cominciare da quello inframurario"
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