Genoa, un passaggio a vuoto che può starci, dopo una lunga rincorsa
di Gessi Adamoli
Dopo una lunga rincorsa, è normale, quasi fisiologico, avere un momento di impasse. Ora, però, occorre trovare la forza, fisica ma soprattutto morale, per ripartire. E di certo non aiuta il riproporsi di polemiche striscianti che due mesi senza sconfitte avevano sopito. Tutti i genoani sapevano che la salvezza era un'impresa quasi disperata e già il fatto di averla fatta diventare da impossibile a complicata è un successo. Tanto più che se, con un piccolo sforzo di memoria, ci ricordiamo in che condizioni era il Genoa dopo Firenze. Il Genoa dei 777 e di Spors, nonostante un percorso ad handicap, ci stanno provando grazie ad un allenatore che non ha conquistato l'ambiente (squadra e tifosi) solo attraverso la sua straordinaria empatia ma anche grazie al fatto di aver trasformato in una squadra un gruppo di giocatori male assemblato e dove in campo ognuno andava per i fatti suoi. E' inutile, arrivati a questi punti, sottolineare quanto pesi la mancanza di un uomo gol. Destro è l'attaccante probabilmente più discontinuo del calcio italiano. Alterna momenti da top player ad altri un cui non la becca mai. Quando, lo scorso anno, è arrivato dal Bologna era da molti considerato un giocatore finito ed invece è stato bravissimo al cogliere al volo quell'ultima opportunità che il Genoa gli stava offrendo e a rilanciarsi. Ora però è di nuovo sprofondato negli abissi. E' vero che là davanti è troppo solo, ma non regge una palla, non ha un guizzo. Quando gioca Destro si rimpiange Yeboah, quando gioca Yeboah si rimpiange Destro. Quello del gol è un problema cronico e davvero di difficilissima risoluzione, chissà che Ekuban, ora che sta di nuovo finalmente bene, non possa offrire un contributo migliore in fase realizzativa. Quanto a Piccoli, lui pure è tornato disponibile a tutti gli effetti. Fisico da granatiere, l'impressione (felice però di sbagliarmi) è che sia ancora acerbo. A Verona ha avuto la palla del pareggio, ma è stato troppo macchinoso e non è riuscita a sfruttarla.
L'amico Lussana al Derby del Lunedì suona da tempo la grancassa sostenendo che i 777 avrebbero dovuto a gennaio acquistare un attaccante di qualità. Per altro l'abbiamo pensato tutti. Il problema è però un altro: chi? Sollecitato a fare dei nomi, si è trincerato dietro il solito Simy (cacciato dalla Salernitana ultima in classifica e che non gioca nel Parma in B) e ovviamente a Piatek che aveva già l'accordo con la Fiorentina e che comprensibilmente ha puntato su una squadra che è in lotta per l'Europa. Quando ti presenti al mercato di gennaio con soli 11 punti all'attivo e con un distacco dalla zona salvezza abissale, il tuo potere contrattuale è praticamente nullo. A Claudio Onofri intrigava invece Nsame che il Venezia ha prelevato dallo Young Boys, ma il contributo dell'attaccante camerunese è stato di fatto nullo: solo 193 minuti giocati.
Blessin è stato chiamato a fare delle scelte. Per prima cosa ha deciso di coprire meglio il campo e questo ha portato una difesa colabrodo a diventare la meno battuta del campionato nelle nove partite della sua gestione (solo 3 reti al passivo). Ma la coperta è corta e dunque il Genoa si ritrova anche col penultimo peggior attacco della serie A (23 gol all'attivo contro i 22 della Salernitana che però ha due partite da recuperare). La sconfitta di Verona dal punto di vista prettamente matematico non è dramma, ci sono ancora 7 partite da giocare ed il Genoa ha la possibilità di conquistare i 12 punti che mancano ad arrivare a 34 ovvero a quella che è verosimilmente la quota salvezza. Rischia di pesare, però, come un macigno sulla fiducia e l'autostima che i giocatori rossoblu erano faticosamente riusciti a riacquistare. Ecco perché mai come in questo momento sono da evitare polemiche sterili e che non giovano a nulla. Arrivati a questi punti è infatti tutto chiaro, anche il meno coinvolto dei tifosi ha preso conoscenza del fatto che la squadra costruita in estate era così mal assortita che di più non si può, che Ballardini era il primo a non credere al gruppo che gli era stato affidato e per questo aveva perso i poterim agici che solitamente ha quando allena il Genoa, e che la scelta di Shevcheko è stata scellerata. Ma voltarsi indietro non serve a nulla, il Genoa in fondo è a tre punti dal Cagliari è quindi e quindi bisogna provarci sino all'ultimo.
In attesa dello scontro diretto in programma a Marassi tra tre settimane, il calendario non aiuta. Domenica (alle 12.30) Sturaro e compagni se la vedranno con la Lazio e il venerdì successivo saranno di scena a San Siro col Milan. Due avversari estremamente difficile, ma servono almeno due punti. A Verona l'avvio di partita del Genoa non aveva niente a che vedere col gegenpressing , ma avere Sturaro ammonito dopo appena un minuto e 16 secondi ha sicuramente inciso. E' lui che detta i tempi della pressione sui portatori di palla avversari, è lui il capo che guida il branco a caccia del pallone, ma quel cartellino giallo lo ha costretto a giocare col freno a mano tirato. Ed il Genoa ha poi giocato in 10 per tutto il primo tempo: Gudmundson era infatti un corpo estraneo. Inesistente in fase di non possesso (il povero Hefti si ritrova sistematicamente due contro uno) e assolutamente impalpabile quando aveva la palla. Uno spiraglio di luce l'ha accesa Amiri. E se fosse lui il giocatore che cambiare il volto offensivo del Genoa in questa volata verso la salvezza?
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