Genoa, non è solo colpa di Hefti: mercato incompleto
di Gessi Adamoli
Nella "caccia" al colpevole per la sconfitta di Torino emerge lo svizzero che però era in campo per mancanza di alternative
La caccia al colpevole è lo sport nazionale, in qualunque circostanza (pubblica, privata e anche sportiva) si cerca sempre e comunque un responsabile. E, dopo l'amarissima sconfitta di Torino, sarebbe sin troppo facile regalare al popolo la testa di Silvan Hefti che, dopo la promozione, si è fatto una testa di capelli ossigenati come Nino Manfredi in “Pane e cioccolata” quando, da immigrato, voleva vedere la partita della Nazionale in un bar in Svizzera ma non facendo trasparire che fosse italiano. Al di là della sua bizzarra acconciatura effettivamente Hefti, da quando Gilardino, al 41' del secondo tempo, l'ha fatto entrare in campo al posto di Sabelli, non ne ha azzeccata una. Tre volte su tre Radonjic l'ha puntato e lo ha saltato come un birillo. L'ultima è stata fatale. Detto che i compagni avrebbero dovuto ormai capire la sua inadeguatezza a fronteggiare il talentuoso serbo e che occorreva andare a raddoppiarlo perché altrimenti così per lui era troppo facile. E detto anche che essendo chiamato a compiti esclusivamente difensivi a quel punto sarebbe stato più utile Biraschi, per altro sciagurato nella partita con la Fiorentina, Hefti ha deciso in negativo una partita che vedeva nello zero a zero il risultato più naturale visto tra due squadre che in campo avevano prodotto zero. Tra l'altro in diretta nel post partita con Stadio Gol con Palo Zerbini ho sentito un tifoso definire Martinez “una statua di sale” sul missile terra-aria che Radonijc, da non più di quattro metri, ha indirizzato all'incrocio dei pali. Bene, sarebbe stato gol anche se trai pali ci fosse stato il portiere di Saturno ovvero un marziano.
L'involuzione di Hefti, che due stagioni fa in Champions, con la maglia dello Young Boys, aveva segnato un gol all'Atalanta, è un mistero. In We are Genoa chiederemo a Claudio Onofri, che è sempre stato un suo estimatore, di spiegare come un giocatore possa regredire in questo modo. Lo scorso anno per spiegare il deludente rendimento di Hefti c'era anche chi aveva messo in giro la voce che avesse problemi di pubalgia, una leggenda.
Però occorre andare oltre la rabbia per un gol evitabilissimo e porsi anche delle altre domande. Per esempio perché Hefti era in campo? E la risposta è semplicissima: perché non è arrivato quel terzino destro (adesso li chiamano esterni bassi) che dal primo giorno di apertura del mercato era stato individuato come un elemento indispensabile per tappare quello che in serie A sarebbe stato un buco se non una voragine. Si è andati tutta l'estate dietro a Zanoli ma alla fine Garcia non l'ha fatto partire da Napoli. Addirittura si è rinunciato ad un onesto mestierante come lo spagnolo Lirola (128 partite in A più 53 nel Marsiglia), nonostante quella con l'Olympique fosse un'operazione a costo zero (tutto l'ingaggio a carico del club francese) perché la società cercava qualcosa di meglio. E adesso, almeno sino a gennaio, si deve considerare Sabelli titolare a tutti gli effetti.
Quello del Genoa è stato un mercato contraddittorio. Sontuoso per certi aspetti perché Retegui, il centravanti della Nazionale, Malynoski e Messias sono giocatori importanti e possono certamente alzare il tasso di qualità della squadra. E anche Kutlu, nello spezzone di partita in cui è stato in campo, ha fatto vedere buone cose. Ma è un mercato incompleto. Oltre al terzino destro manca sicuramente un attaccante che possa giocare con Retegui o sostituirlo quando l'ex Tigre, che è in campo ininterrottamente da gennaio, dovrà inevitabilmente tirare il fiato. Dopo aver provato Ekuban, Gilardino dovrà dare una chance anche a Puscas ma la serie A rischia di essere una categoria che non fa per loro.
Avrebbe anche fatto comodo un difensore di esperienza che guidasse tutto il reparto arretrato. E' vero che, a Roma con la Lazio e a Torino, il Genoa ha subito un solo e per di più nel recupero, ma Gilardino è costato costretto a proteggere la difesa con una vera e propria linea Maginot e se questo ha certamente giovato a Bani e Dragusin ha invece influito negativamente sulla manovra offensiva. Insomma, è la classica coperta che a seconda di dove la tiri lasci qualcosa scoperto. E in questo momento a Gilardino preme soprattutto coprirsi le spalle.
Retegui non ha brillato, ma gli sono arrivati pochissimi palloni e aveva sempre attaccato alle costole Buongiorno che marca come si faceva una volta quando gli stopper seguivano ovunque i centravanti. Qualche palla di più però poteva reggerla e questo sembra il messaggio che gli ha lanciato Strootman quando a metà del secondo tempo gli si è rivolto allargando le braccia. Quanto all'olandese e a Badelj mi sono stupito a leggere alcune pagelle in cui non arrivano nemmeno alla sufficienza (ma il calcio è bello proprio perché sono ammesse tutte le opinioni). Hanno cantato e portato la croce. Badelj ha commesso un solo errore e ha gli è costato il giallo. Strootman ha lottato come un leone, arrivando ad un passo dal rosso. Se il Torino ha costruito poco e niente è grazie al filtro operato dal centrocampo del Genoa. E forse non è un caso che abbia sfondato quando Badelj e Strootman erano usciti.
Ora ci sono due settimane di tempo per preparare la partita col Napoli. E il dilemma è: schierare una squadra più propositiva e rischiare l'imbarcata oppure affidarsi ad un altro catenaccio? La via giusta, sempre se possibile, ovviamente sta nel mezzo. Ma Gilardino ha gli uomini per farlo?
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