Crisi, Recovery e tutti i dubbi sull’economia di Genova

di Paolo Lingua

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Crisi, Recovery e tutti i dubbi sull’economia di Genova

Non sappiamo, perché di ora in ora le ipotesi sui comportamenti politici cambiano, quale sarà l’avvenire del governo e la sorte dei contenuti del Recovery Fund e quali saranno le possibili ricadute sull’economia di Genova e della Liguria. Il tira-e-molla romano non ha una versa dimensione e non se ne comprendono i reali obiettivi, perché, a quanto si è capito, si spinge per ottenere contenuti più o mano favorevoli alle specifiche richieste, ma tutti ondeggiano di fronte al possibile ricorso alle elezioni il cui esito è una sorta di pozzo senza fondo e senza luce. Ma non pochi aspetti dei contenuti del Recovery Fund dovrebbero (il condizionale è sempre d’obbligo) riguardare Genova e la Liguria in settori di grandissima importanza per lo sviluppo economico dei prossimi anni, dopo aver lasciato alle spalle il dramma della pandemia.

Non riusciamo a prevedere, anche perché la situazione politica si modifica di ora in ora e la posizione del partito di Italia Viva (che rappresenta una sorta di bizzarra alternativa interna alla maggioranza) , l’esito definitivo del contrasto, ma ci sono non pochi dubbi sugli esisti sul territorio della Liguria e sul capoluogo. Un aspetto riguarda la eterna discussione sullo spostamento a mare della diga foranea. Si parla di 500 milioni già stanziati, ma qualunque scelta operativa potrà essere scelta la spesa definitiva si annuncia superiore al milione. Rientreremo sul bilancio dello Stato nel corso dei prossimi anni, oppure si cercherà di forzare i conti del Recovery? Un discorso che potrebbe valere, su un altro fronte, per quel che riguarda le aree dismesse dalla siderurgia a Cornigliano. Si cercano spazi, ma anche dietro pressione del Comune e del sindaco Marco Bucci, per settori produttivi e servizi, considerato che, anche nel caso d’una ripresa produttiva nello stabilimento ex Ilva, molti spazi a Cornigliano resteranno inutilizzati.

Si pensa a settori produttivi, capannoni,  servizi portuali, senza contare che resta sempre aperta la questione del trasferimento  delle azienda di Multedo collegate al settore dei depositi petrolchimici, dopo anni e anni di polemiche di veti incrociati. Ma ci sono anche tutte le ipotesi di sviluppo dell’area degli Erzelli di cui si discute da decenni. I costi non sono ancora ben definiti e non si sa ancora con esattezza in quali contesti di bilancio possano essere collocati. Nel quadro generale non è chiara neppure la precisa collocazione delle scelte dei diversi partiti.

Per quel che riguarda il M5s sono note le avversioni nei confronti delle grandi opere anche se ormai l’ipotesi assurda della “decrescita felice” sembra ormai essere stata abbandonata dai grillini che sembrano anche più disponibili rispetto al passato nei confronti della contesta Gronda. Ma, come è già stato rimarcato, tutto non è chiaro, mentre si attendono il decollo del ribaltamento a mare della struttura della Fincantieri e del Waterfront del Levante, al posto della vecchia Fiera Internazionale. Qualcuno osserverà, non infondatamente, che  per molte di queste opere – alcune più definite, altre ancora in una dimensione generale e solo propositiva – si mescolano investimenti privati, pubblici autonomi e altri che potrebbero essere inseriti nel Recovery.

Ma è proprio questo stato di scarsa strategia che per il momento ci offre i progetti sulla carta, anche abbastanza chiari e definiti, ma ancora incerti sulla concreta realizzazione, che rende l’attuale momento politico immerso nell’incertezza. Siamo di fronte a una scacchiera dai quadri mutevoli di ora in ora, con responsabili dalle idee ondeggianti, il tutto in un momento storico nel quale non si disegnano facilmente le crisi politiche e  dove ognuno cerca di tirare l’asse delle decisioni dalla propria parte.