Concessione autostrade: risorgono le risse politiche
di Paolo Lingua
Inutile farsi illusioni: su alcuni temi politici ed economici le risse tra partiti si dissolveranno con grande difficoltà, per non dire mai. Sono bastate poche ore di speranza ottimistica dopo l’annuncio del decreto di grande respiro del governo per far risorgere conflitti mai sopiti. Il più pesante è quello della concessione autostradale ad Aspi, problema sorto all’indomani del crollo del ponte di Genova. Erano stati in particolare i grillini a indicare come colpevole morale la società Autostrade, ritenendola responsabile d’una sgangherata e omissiva gestione della manutenzione. Un problema che nei mesi successivi al drammatico crollo si era accentuato con altri crolli (proprio in Liguria) e con la messa a punto d’una situazione disastrosa delle autostrade , sia sui viadotti sia nelle gallerie. L’attività di controllo e manutenzione che ha chiuso in questo periodo la Liguria come in una morsa ne è l’esempio più evidente.
Pure ieri è stato annunciato dal Mit che il ponte di Genova, che dovrebbe essere funzionante a pieno ritmo dai prime giorni d’agosto, sarà affidato in gestione all’Aspi ha provocato non poche polemiche, in particolare da parte del M5s, i cui leader, sia liguri, sia italiani, hanno sparato a zero contro il governo. Si parla di assegnare la gestione all’Anas e qualcuno avanza l’ipotesi che la gestione si affidata alla Regione. Al tempo stesso, tanto per complicare ulteriormente le cose, l’Aspi ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale per contestare la propria esclusione dalla ricostruzione del ponte e contro la gestione commissariale della ricostruzione. La sentenza è attesa nei prossimi giorni. Ma che cosa significa questa situazione politica fatta di intrecci, di attacchI e di frecciate tra maggioranza e opposizione e anche nella maggioranza al proprio interno, mentre il premier Conte è in giro per l’Europa alla ricerca di alleati e di sostegni per impinguare il potenziale finanziamento europeo alle attività di ripresa?
In realtà il progetto di Conte ha segnato di fatto, quantomeno sulla carta, una vittoria politica del Pd e dei renziani da sempre protesi alle semplificazioni burocratiche sugli appalti, al recupero se non integrale almeno parziale del “modello Genova” e soprattutto al rilancio dell’economia con il decollo di decine e decine di grandi opere da tempo bloccate. La linea di Conte è sostenuta da Pd e renziani e dai piccoli partiti di centro, ma il M5s dovrà ingoiare molte grandi opere nei confronti delle quali è sempre stato ostile (alta velocità e, in Liguria, la Gronda), proprio in un momento politico nel quale i partiti di centrosinistra non riescono a fare squadra nella prospettiva delle elezioni regionali. Infatti su sette regioni dove si voterà in settembre, in sei Pd e grillini andranno per conto proprio con candidature divise. In Liguria da due mesi si tenta l’unità con rinvii, litigi e discussioni che ormai sfiorano la farsa.
Ma emergono le discussioni che hanno ormai remote radici se non ideologiche quantomeno di propaganda: ci sono diffidenze sul ridimensionamento e delle semplificazione delle procedure e persino sul metodo Genova di affidamento delle grandi opere al regime commissariale come per il ponte ex Morandi. Il giustizialismo di fondo è duro a morire. D’altro canto si può capire la linea operativa del Mit: la società autostrade, tanto per andare al cuore del problema, oggi ha tutto l’interesse ad accorparsi spese e lavori per alleggerire la propria posizione d’immagine e , domani, processuale.
Il governo teme nel caso di revoca dell’apertura di azioni processuali interminabili e con rischi di dover pagare pesanti penali. In questa prospettiva e anche al fine di guadagnare tempo per un ritorno alla normalità si spostano gli atteggiamenti punitivi. Occorre far presto per cercare di far decollare le grandi opere già annunciate. Ma lo scontro con una sorta di giustizialismo in parte diffuso è inevitabile. Per questo, strategie, tattiche, elezioni e opere pubbliche finiscono in un calderone dove tutti gli ingredienti d’una situazione resa drammatica dal coronavirus ribollono e creano situazioni difficilmente risolvibili, a meno che non si decida di andare avanti tagliando i rami secchi o inutili con l’ascia del decisionismo. Ma per manovrare l’ascia occorre molta forza nelle braccia.
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