Come disegnare un possibile governo di centrodestra
di Paolo Lingua
2 min, 59 sec
Il Punto di Paolo Lingua
I partiti di governo proseguono in una estate tormentata tra mezze guerre e mezze paci, queste ultime sempre più faticosa e affannate. Ma ci sono spaccature di fondo tra la Lega e il M5s: la questione della riforma della giustizia non è una questione tecnica e di aggiustamenti sui dettagli: c’è alle spalle un visione del tutto differente e, in questo caso, la concezione della Lega si avvicina di più a modelli che potrebbero essere anche accolti dai partiti di opposizione, mentre i ”grillini” mantengono una visione – intercettazioni, prescrizione, pene più pesanti per i reati di carattere “pubblico”, ecc. – una visione decisamente più giustizialista.
D’altro canto la Lega, anche per una larga fascia di elettorato che ha alle spalle anche storicamente, punta su una ripresa delle grandi opere a 360°, con forti contrasti con gli alleati a cominciare dal caso della Tav che potrebbe creare una grave precedente di voto diviso in Parlamento.
Su questo complesso aspetto, forse anche nella previsione d’una possibile crisi e quindi di elezioni anticipate (a febbraio, prima delle numerose tranches di voto regionale e comunale), stanno scattando non pochi interrogativi, ma al tempo stesso non poche proposte, nel caso, quasi certo, se si tornerà al voto anticipato, d’una diversa coalizione di Governo, molto probabilmente (per non dire quasi certa) di centrodestra.
E qui nascono le disquisizioni. Secondo la linea che sta emergendo dal presidente della regione Liguria, Giovanni Toti, che si prepara a organizzare il suo nuovo movimento “Cambiamo”, il centrodestra che potrebbe sorgere non può essere schiacciato, ci scusiamo per il bisticcio di parole, troppo sulla destra.
Per Toti occorre una iniezione più europea, meno sovranista, ma soprattutto tesa a una politica di rilancio dell’economia in chiave liberale. Al limite, sia pure da un punto di vista di organizzazione politica diversa, Silvio Berlusconi esprime concetti simili. Ma una larga parte dell’opinione pubblica, soprattutto nel Nord, spinge per questa ripresa “neo-liberale”. Di Salvini l’opinione pubblica moderata accetta le scelte di ordine pubblico e di contenimento dell’immigrazione ed è anche d’accordo su una riforma della giustizia che riequilibri i poteri e l’organizzazione della magistratura prendendo le distanze dal giustizialismo. Ma vuole puntare a una ripresa dell’economia, del recupero di posti di lavoro per i giovani e d’una crescita del benessere diffuso.
Ma questo è davvero possibile? Ci saranno i numeri a confortarlo? Salvini sembra orientato – ma tutti i dubbi sono ancora vivi - ad approvare (è necessario per evitare procedimenti dell’Ue) una legge finanziaria abbastanza neutra e prudente e puntare agli scontri sulle altre scelte di governo, contrasti dai quale potrebbe finalmente emergere la crisi e quindi le elezioni anticipate.
Ma Salvini punta a una lista unica e a un successo personale o, al massimo, a chiudere un accorso solo con Fratelli d’Italia? E se lo facesse potrebbe rischiare magari in un secondo momento di fare la fine di Matteo Renzi? Gli Italiani a volte sono mutevoli nelle loro valutazioni e poi, anche nel passato, chi ha cercato il successo solitario ha finito per scavarsi la sconfitta.
Salvini indubbiamente gioca sulle difficoltà organizzative e sui problemi interni del maggior partito d’opposizione, ovvero il Pd, in chiara difficoltà a trovare anche una strategia di coalizione e con una perdita di radicamento sul territorio. Il vero problema è capire se il leader leghista preferisca la corsa solitaria oppure una alleanza più articolata e pluralista anche nei contenuti politici.
E’ questo, per adesso, il grosso dubbio ferragostano. Le previsioni non sono semplici perché Salvini non è De Gasperi e non viviamo più nelle finezze intellettuali della Prima Repubblica.
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