Cofferati a Telenord: "Torno nel PD per dare una mano. La sconfitta 2015? Non ho responsabilità. Massimalista? Parola vuota, io nasco riformista"
di Redazione
Lasciato il partito ai tempi di Renzi, il rientro avviene con la segreteria Schlein
Ospite di Telenord, l'ex segretario Cgil Sergio Cofferati, che ha appena ripreso la tessera del Pd, ha ripercorso alcune recenti esperienze e ha motivato il rientro nel partito lasciato dopo l'approvazione del "jobs act" voluto da Renzi, allora segretario e presidente del Consiglio. "Non voglio incarichi, sono rientrato solo per dare una mano al gruppo dirigente locale e nazionale, composto in gran parte di giovani, per contribuire con la mia esperienza a portare il partito nelle migliori condizioni all'appuntamento con le elezioni europee, un passaggio cruciale per il futuro dell'Europa, e le regionali. Ho conosciuto Elly Schlein al Parlamento Europeo: una giovane motivata, seria, preparata".
A proposito di regionali, Cofferati è tornato sullo snodo del 2015, visto che da Italia Viva sono arrivate accuse sul ruolo da lui svolto durante e dopo le primarie sfociate nella consultazione vinta da Toti. "Quelle primarie del centrosinistra furono almeno opache, a Napoli per tre seggi contestati si era annullata l'intera procedura, qui i seggi oggetto di controversia erano ben tredici ma non si fece nulla". Sempre dal partito renziano sono arrivate accuse di "massimalismo", sia a Cofferati che al Pd che lo ha appena riaccolto: "Massimalismo - ribatte l'ex leader sindacale - è una parola vuota che oggi non significa più nulla. Io credo che si debba tornare alle cose concrete, come la tutela del lavoro e dei relativi diritti, oggi si è tornati a parlare di salario minimo ed è una buona cosa. Io voglio lavorare per tornare a dare una rappresentanza politica a fasce sociali verso cui si è persa attenzione e quindi si rifugiano nel non voto".
"Inoltre per ironia del destino io per tutta la mia militanza nel PCI ho seguito prima Amendola e poi Napolitano, che erano considerati riformisti, se non "di destra". Sono stato inoltre a capo dei chimici della Cgil, contraddistinti dalla stessa etichetta. Quindi parla la mia storia, non certo le etichette fini a se stesse".
"Sulle cose concrete - spiega - cadde il primo governo Berlusconi perché la Lega si era resa conto che la riforma delle pensioni appena varata era incompatibile con gli orientamenti di gran parte del suo elettorato, così come anni dopo con il secondo governo Berlusconi la riforma dell'articolo 18 non passò per la grande mobilitazione popolare sorta contro quel progetto. Segno che sui temi che interessano realmente la vita delle persone la politica può ancora dare risposte".
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