Clima estremo e rischi economici: entro il 2030 l’Eurozona potrebbe perdere fino al 5% del PIL
di R.S.
La BCE ha lanciato l’allarme basandosi su proiezioni elaborate dalla NGFS (Network for Greening the Financial System)
Fenomeni meteorologici sempre più intensi — come siccità, incendi, alluvioni e tempeste — potrebbero avere un impatto devastante sull’economia europea. Secondo un'analisi della Banca Centrale Europea (BCE), se non si interviene in tempo, entro il 2030 queste calamità naturali potrebbero causare una riduzione del prodotto interno lordo dell’eurozona fino al 5%.
La BCE ha lanciato l’allarme basandosi su proiezioni elaborate dalla NGFS (Network for Greening the Financial System), una rete che comprende oltre 140 banche centrali e autorità di vigilanza finanziaria. L’obiettivo è spingere decisori politici e attori del settore privato a prendere coscienza delle conseguenze economiche legate al cambiamento climatico.
Le stime non sono previsioni tradizionali, ma scenari ipotetici di eventi estremi che, statisticamente, potrebbero verificarsi ogni mezzo secolo. Queste simulazioni, più ravvicinate nel tempo rispetto a quelle usuali (che si spingono al 2050), si concentrano sul breve termine e puntano a evidenziare l’urgenza di agire.
Particolarmente preoccupante è lo scenario definito “Disastri e stagnazione politica”, che prevede un’escalation di eventi climatici estremi a partire dal 2026: ondate di calore, incendi e siccità, seguiti da gravi inondazioni e tempeste nel 2027. L’impatto economico previsto comprende il calo della produttività, il deterioramento delle infrastrutture (come strade, ponti e impianti industriali), una spinta inflazionistica e condizioni di credito più sfavorevoli per i settori più vulnerabili.
In controtendenza, lo scenario più ottimistico — chiamato “Autostrada per Parigi” — si basa su un’azione coordinata e rapida verso la decarbonizzazione, in linea con gli impegni dell’Accordo di Parigi del 2015. In questo contesto, gli investimenti nelle tecnologie verdi potrebbero non solo limitare i danni, ma addirittura stimolare una moderata crescita economica e contenere l’inflazione.
Fondato nel 2017 dopo la COP21, il network NGFS — di cui fanno parte, tra gli altri, la BCE, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone — si impegna a integrare i rischi climatici all'interno della regolamentazione finanziaria internazionale.
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