Chiavari, delitto Cella, criminologa: "Imbarazzanti le motivazioni della sentenza"
di Redazione
Antonella Delfino Pesce, consulente della famiglia della vittima: "Nessuno voleva un colpevole a tutti i costi"
"E' stato imbarazzante leggere le motivazioni della sentenza Nada Cella. Nessuno ha mai voluto un colpevole a tutti costi". E' lo sfogo della criminologa Antonella Delfino Pesce, che ha fatto riaprire le indagini sull'omicidio di Nada Cella, il giorno dopo le motivazioni della sentenza di proscioglimento per tre indagati. Il giudice, a inizio mese, aveva prosciolto Anna Lucia Cecere (nella foto) ex insegnante accusata di avere massacrato il 6 maggio 1996 a Chiavari la segretaria, Marco Soracco, il commercialista da cui Nada lavorava, e la sua anziana madre Marisa Bacchioni. Questi ultimi due erano accusati di favoreggiamento e di avere mentito al pm. Per il giudice gli elementi raccolti dalla Procura sarebbero "solo sospetti e non indizi" incapaci di portare a "una ragionevole previsione di condanna come previsto dalla riforma Cartabia".
"Si è sempre cercato di arrivare a un contraddittorio - continua la criminologa - che sarebbe stata l'occasione per mettere a confronto tra loro i 3 indagati che, fino ad oggi, si sono presi beffe di tutti, in primis della magistratura, dimostrando che si può omettere, mentire e rifiutarsi di dare spiegazioni senza inciampare in alcun capo di imputazione". Il giudice ha anche spiegato che "Soracco e la madre hanno sviato le indagini e mentito" e che il commercialista era presente al momento dell'omicidio.
"La Cartabia può essere, forse, un cerotto utile per una piccola ferita non certo la cura per un tumore lungo 28 anni e mai curato. Come si può addurre colpe gravissime all'indagato - conclude Delfino Pesce - e non prendersi poi la responsabilità di un processo? Come si può prosciogliere l'indagata sulla base di un Dna cercato e non trovato dopo tre decenni? Come si può presumere che l'alibi sia stato verificato nel 1996 se nulla è agli atti? Sarebbe giusto che qualcuno si prendesse per una volta la responsabilità di avvertire i familiari di omicidi irrisolti di non aspettare più, di farsene una ragione perché per loro lo Stato non ci sarà. Bisogna abituarsi a non aver fiducia nella giustizia da piccoli perché da grandi si fa fatica".
Per la procura la Cecere aveva ucciso Nada perché gelosa. Gli altri due coinvolti, Soracco e la madre, avrebbero mentito per convenienza: la segretaria aveva scoperto un malaffare dentro lo studio e voleva andarsene via.
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