Caso Toti: rigettata istanza, governatore resta ai domiciliari, "Non capisce portata delle accuse, potrebbe reiterare i reati"

di Redazione

"Si muoveva come un amministratore di una società privata, ma a delineare i piani era Spinelli e non lui".

I giudici del Riesame del tribunale di Genova (Massimo Cusatti, presidente; Marina Orsini, Luisa Avanzino) hanno respinto l'istanza di revoca degli arresti domiciliari per il governatore Giovanni Toti, arrestato il 7 maggio scorso con l'accusa di corruzione. Il tribunale del Riesame ha recepito l'interpretazione della Procura, che aveva sottolineato il rischio di inquinamento probatorio e reiterazione del reato nel caso di un'attenuazione della misura cautelare. L'avvocato Stefano Savi aveva chiesto la revoca integrale o in subordine l'obbligo di dimora.

Toti resta dunque in stato di detenzione nella sua casa di Ameglia (La Spezia). Ora il prossimo passo è il ricorso in Cassazione, con i tempi che si allungano oltre l'estate. "Ci lascia stupiti che le subordinate che avevamo fatte siano state solo considerate in un paio di righe, faremo ricorso ma le ricostruzioni di quello che sarebbe potuto succedere non erano molto lontane da queste". Lo ha detto l'avvocato Stefano Savi, difensore di Giovanni Toti, commentando la decisione del Riesame che ha respinto la richiesta di revoca degli arresti domiciliari.

 "L'interrogatorio di Giovanni Toti, infarcito da 'non ricordo', non ha brillato per chiarezza e trasparenza. I pretesi accordi corruttivi scaturiscono da puntuali intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno cristallizzato i contorni delle accuse". Lo scrivono i giudici del tribunale del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto l'appello del governatore Giovanni Toti per la revoca degli arresti domiciliari a cui è sottoposto dal 7 maggio.

"C'era molto da ammettere, insomma, a fronte di captazioni che restituiscono il quadro di un pubblico amministratore di rango apicale che, nel sollecitare costantemente finanziamenti per il proprio comitato elettorale, conversa amabilmente con gli stessi "finanziatori" di pratiche amministrative di loro interesse per le quali si impegna a intervenire presso le sedi competenti".

REITERAZIONE - Toti potrebbe reiterare il reato "in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse". Lo scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno rigettato l'appello per la revoca domiciliari. Le ipotesi di corruzione sono "sorrette da gravi indizi che Toti non ha inteso contestare". E non riguardano "un illecito di natura veniale ove rapportate alle pubbliche funzioni di natura elettiva dal medesimo ricoperte, ma integrano un vulnus tra i più gravi che possano essere inferti al buon andamento dell'azione amministrativa, allo stesso rispetto della volontà popolare e ai diritti dei terzi".

SPIEGAZIONE - "Se è stato necessario per l'indagato - continuano i giudici - farsi spiegare dagli inquirenti che è vietato scambiare la promessa o l'accettazione di utilità di qualsiasi tipo con favori elargiti nell'esercizio della propria funzione pubblica… continua indubbiamente a sussistere il concreto e attuale pericolo che egli commetta altri fatti di analoga indole nella convinzione di operare legittimamente anche a prescindere da imminenti consultazioni elettorali". Ad esempio, si legge nell'ordinanza, "inducendo taluno a dargli o promettergli nuove utilità per finanziare il proprio movimento politico, adoperandosi per favorire un proprio grande elettore che partecipi ad una gara ad evidenza pubblica pubblica per l'aggiudicazione di un appalto per opere pubbliche e così via…" Distingue, infatti, il Riesame: "un conto è appoggiare la strategia politica di un movimento sotto il profilo delle scelte generali con cui questo intenda perseguire pubbliche finalità reputate conformi ai propri orientamenti ideologici e alle proprie attese, tutt'altro è 'pagare', sottoforma di finanziamenti pur formalmente leciti, i concretissimi favori materialmente concordati con il pubblico ufficiale destinatario di quelle erogazioni di denaro, quand'anche poi non distratte per il proprio tornaconto personale, ma utilizzate a sostegno del medesimo movimento politico".

Il Riesame parla di "persistente pericolosità di Toti, al quale - non a caso - viene contestato di avere scambiato utilità economiche con l'adozione di specifici provvedimenti amministrativi e non certo di avere adottato scelte "politiche" nella sua veste di Presidente della Regione. Pertanto, considerato che il divieto di cui all'art. 284, co, 2°, non è passibile di restrizioni a singole categorie di soggetti (ad esempio, ai soli "tecnici" regionali e non anche agli esponenti schiettamente "politici"), nemmeno il motivo di appello formulato in estremo subordine può trovare accoglimento, spettando piuttosto all'Autorità Giudiziaria competente vagliare di volta in volta le singole istanze di autorizzazione a incontri formulate nell'interesse di Toti e valutarne la portata squisitamente "politica" e non anche tecnico-amministrativa: un settore operativo, quest'ultimo, nel cui alveo s'è detto che persiste la concreta probabilità che l'indagato reiteri condotte di analogo disvalore confidando nel malinteso senso di "tutela del bene pubblico" cui ha ammesso di essersi ispirato all'epoca dei fatti nei rapporti che ha intrattenuto con Spinelli e Moncada e che, sulla scorta di un quadro gravemente indiziario nemmeno formalmente contestato, ad oggi risultano correttamente qualificati in termini di corruzione".

COMANDAVA SPINELLI - Giovanni Toti "si è mosso come un amministratore di una società privata e non come la figura ideale di un pubblico amministratore che ha voluto delineare nella memoria difensiva". Lo scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto la richiesta di revoca degli arresti domiciliari. "Non era Toti a delineare i propri piani e a discuterli mediando tra i vari operatori del settore ma era Spinelli (Aldo, anche lui ai domiciliari, ndr) a discutere i 'propri' piani di impresa con il presidente della Regione nel mentre questi gli sollecitava finanziamenti per il proprio movimento politico".

 STERILE PRESA D'ATTO - L'impegno di Giovanni Toti di "astenersi da condotte analoghe suona come una sterile presa d'atto della fondatezza di accuse che pure non si è voluto, nell'esercizio delle proprie prerogative difensive, ammettere nel corso dell'interrogatorio". Lo scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno rigettato la richiesta di revoca dei domiciliari. "V'è un'insolubile contraddizione - si legge nel documento - tra la professata 'consapevolezza' di Toti e il suo atteggiamento di rivendicazione di aver agito sempre nell'interesse pubblico: o si sostiene con vigore quest'ultimo, e allora non si vede se non in un'ottica strumentale perché ci si debba coartare fino a promettere di non agire più con modalità di cui si continua a rivendicare legittimità e correttezza - scrivono i giudici - oppure si è capito di avere agito illecitamente, e allora non si vede se non in un'ottica strumentale come si possa affermare, 'nell'ammettere' la materialità dei fatti, che questi non integrano i reati oggetto delle accuse".

SPREGIUDICATO MA NON RISCHIA DI INQUINARE PROVE - Fermi sulla possibilità di reiterazione, i giudici del Riesame escludono un'altra delle ipotesi cautelari. "L'indubbia spregiudicatezza nel commettere reati non lascia presumere la persistenza anche del concreto rischio che l'indagato sia disposto a inquinare le prove pur dopo che l'illecito sia stato ormai scoperto".

OK A INCONTRI POLITICI VALUTATI CASO PER CASO - Spetta all'autorità "giudiziaria competente vagliare di volta in volta le singole istanze di autorizzazione a incontri formulate nell'interesse di Toti e valutarne la portata squisitamente 'politica' e non anche tecnico-amministrativa". Lo scrivono i giudici del Riesame.