Aeroporto Genova, lavoratori in protesta. I sindacati: "Troppa disorganizzazione"
di Edoardo Cozza
"Calo del 15 per cento della forza-lavoro, serve un piano occupazionale strutturato: lo stato di agitazione primo passo del dissenso"
“Il trasporto aereo nel suo complesso ha registrato un incremento notevole di richiesta, prevalentemente voli low-cost. In Italia, grazie agli accordi da noi sottoscritti, abbiamo tenuto il personale dipendente legato ai gestori aeroportuali, attraverso il ricorso alla cassa integrazione. Negli altri scali europei, al contrario, hanno licenziato i dipendenti, con il drammatico conseguente risultato. Nell’aeroporto Cristoforo Colombo, le segreterie regionali di Filt Cgil, Fit CISL e Uiltrasporti, insieme alle RSA Aziendali, hanno da tempo evidenziato alcune lacune nella organizzazione del lavoro, rilevando contestualmente la necessità di sostituire almeno temporaneamente il personale che ha lasciato lo scalo per ragioni diverse, equivalente al 15% circa della forza lavoro”, spiegano Enrico Ascheri (Filt-Cgil), Raffaele Lupia (Fit-Cisl) e Roberto Gulli (Uiltrasporti).
“Abbiamo altresì rivendicato un piano occupazionale strutturato che traguardi il futuro e dia certezze alla ripresa della richiesta costante di volare. Durante l’incontro del 14 luglio scorso abbiamo dovuto riscontrare una chiusura da parte della Direzione Aziendale rispetto alle nostre rivendicazioni e prendere atto che ormai non c’è più il tempo utile per assumere un numero adeguato di personale, temporaneo, che ricordiamo deve essere preventivamente formato e l’impossibilità dichiarata dalla Società di voler strutturare un piano occupazionale certo nei tempi e nei numeri. In questo momento è evidente una carenza di organico che incide sulle lavoratrici e lavoratori in servizio, che li espone a turni non congrui, a discapito della sicurezza propria e degli utenti viaggiatori e ad un carico di lavoro inadeguato e confuso anche nelle mansioni loro assegnate. Alla luce di tutto ciò abbiamo dichiarato lo stato di agitazione come prima forma di dissenso e protesta, non escludendo ulteriori decisioni a tutela dei dipendenti del Cristoforo Colombo”, concludono i sindacalisti.
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