Viaggio nell'autostrada fantasma, fra Sestri Levante e Genova neppure un'auto privata e tante, troppe ambulanze

di Michele Varì

La A12 ridisegnata dal virus è un mesto un corridoio di servizio per i veicoli di militi e medici, i nuovi eroi, per ora

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L'autostrada ridisegnata dal virus è un mesto corridoio di servizio dei veicoli di chi è in prima linea nel fronteggiare l'emergenza: le ambulanze dei militi, le auto mediche di medici e infermieri, i nostri nuovi eroi, per ora.
Si parte alle 20.05 dal casello di Sestri Levante si arriva a Genova Nervi senza incontrare neppure un'auto privata, cinquanta chilometri che sembrano un'irreale traversata sulle nuvole e che però raccontano come finalmente gli italiani hanno imparato a stare a casa.

Il viaggio dura ventisette minuti ed è la cronaca di un ritorno a Genova dopo un lungo giornata passata fra le località del Tigullio a caccia di storie di coronavirus.
I fari bucano il buio nel nulla assoluto della A12, come di solito accade a notte fonda, ed invece è l'ora di cena, l'ora del traffico di quando i pendolari spingono sull'accelleratore per rientrano a casa perché la cena è pronta.
Lungo il tragitto tante, troppe, ambulanze e un paio di auto mediche del 118 dirette verso Genova, viaggiano spedite, ma senza sirena, perchè per farsi strada nel nulla non servono. Incrociamo anche tre furgoni di tecnici e operai di Autostrade che hanno approfittano di questa sospensione della vita per tappezzare di cantieri la striscia di asfalto ed avviare lavori, come acclarato dalla procura, mai fatti prima. Ma questa è un'altra tragedia: il virus è riuscito a relegare in seconda fila persino Ponte Morandi.
Non manca la beffa: uno di questi cantieri, poche ore dopo, prima di mezzanotte procura l'unico incidente, fra Sestri Levante e Lavagna. Il vento forte sposta uno dei cartelli dei cantieri, poi travolto da un'auto. Niente di grave, tanta paura, danni all'auto, ma nessun problema per l'automobilista.
Il viaggio nel silenzio irreale della A12 parte dall'area di servizio di Sestri Levante: dalle mastodontiche cabine dei tir ammucchiati come greggi per le soste spuntano facce provate di camionisti che non riescono a chiudere occhio. Nel grande bar pieno di luci dell'Area di Servizio Riviera Nord s'infrange il sogno del rito di un caffè al banco, come accadeva prima della quarantena: si narra che solo in autostrada si può prendere un espresso da bar, ma è vero solo a metà perché le disposizioni anti contagio impongono un servizio adeguato all'emergenza. Niente tazzina calda, solo bicchierino di plastica e l'obbligo di consumare fuori, dove fra l'altro tira un forte vento. "Mai una gioia", sottolinea anche il carabiniere prima di riprendere il servizio sulla gazzella.

All'ingresso del casello di Sestri Levante una pattuglia della guardia di finanza, paletta e stop, ferma tutti i rari veicoli, con le poche macchine in transito non c'è più neanche il lusso di selezionare i controlli. Patente, libretto e pure certificato, la giustificazione che autorizza a uscire fuori di casa.
Il viaggio nella A12 muta e deserta fila regolare, fra cambi di corsie per i lavori e cartelli che impongono di rallentare per un restringimento di carreggiata. I display invitano a stare a casa. L'ultima ambulanza ci transita accanto appena dopo il casello di Nervi, la nostra uscita, diretta probabilmente verso il policlinico del San Martino.

Quando sfilo in corso Europa davanti al San Martino lancio un'occhiata verso l'ospedale, come a cercare d'immaginare dove poteva fosse diretta quell'ambulanza: giunta al pronto soccorso aveva due opzioni, imboccare l'ingresso tradizionale nella camera calda o attestarsi appena più a destra, pochi centimetri più in là, che non sono un dettaglio, davanti alla tenda del triage dei pazienti sospettati di Covid, dove operano e rischiano la vita h24 medici ed infermieri. I nostri nuovi eroi, per ora.