Savona: minacce mafiose per inquinare asta, arrestato Pietro Fotia
di Redazione
Spaventava i potenziali offerenti in modo da fare terra bruciata di tutti i possibili concorrenti
Per inquinare l'esito di una vendita immobiliare all'asta avrebbe fatto sapere di appartenere a una 'ndrina calabrese e minacciato chi voleva parteciparvi. La squadra mobile di Savona, coordinata dal pm Monica Abbatecola della Direzione distrettuale antimafia di Genova, ha arrestato Pietro Fotia, legato alla cosca dei Bruzzaniti-Morabito-Palamara di Africo (Reggio Calabria). L'uomo è accusato di turbata libertà degli incanti aggravata dal metodo mafioso.
Secondo gli investigatori Fotia avrebbe influenzato l'esito di una procedura immobiliare per aggiudicarsi l'asta. In pratica, sin dal momento delle visite negli immobili dei potenziali offerenti venivano affissi articoli di giornale relativi a condanne, arresti e sequestri aventi come destinatari i membri della "famiglia" di Fotia e locandine di un quotidiano che ne richiamavano le vicissitudini giudiziarie. Per spaventarli, poi, li fotografava per fare credere che poteva identificarli e rintracciarli. L'uomo si vantava anche di avere subito oltre 50 processi ma di essere sempre stato assolto, così da lasciare intendere la sua condizione di intangibilità
rispetto alla magistratura. Il metodo mafioso messo in atto consentiva di fare terra bruciata di tutti i possibili concorrenti garantendo a soggetti, persone fisiche e giuridiche riconducibili all'indagato, di aggiudicarsi i beni immobili.
Il tribunale di prevenzione di Genova, nel 2021, aveva disposto la sorveglianza speciale per i fratelli Pietro, Donato e Francesco Fotia. Erano stati condannati nei mesi scorsi per intestazione fittizia di beni per eludere le misure di prevenzione insieme al loro nipote Giuseppe Criaco.
I Fotia, nell'ottobre 2017, erano stati condannati con rito abbreviato a Savona. In appello erano stati assolti. La Cassazione nel 2019 aveva disposto un nuovo processo d'appello. In primo grado Pietro Fotia era stato condannato a 22 mesi mentre gli altri imputati a venti mesi di reclusione con la concessione della sospensione condizionale della pena.
Nel 2015 la Dia aveva sequestrato ai fratelli beni aziendali per un valore di circa 10 milioni di euro.
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