Porti, Santi (Federagenti): "Se ne parla poco ma i problemi restano: semplificazione e dragaggi le parole d'ordine"
di Marco Innocenti
"C'è da rimboccarsi le maniche soprattutto in questo momento in cui il sistema portuale può fare il vero salto di qualità"
“Si parla poco dei porti italiani perché funzionano". Ma questo non vuol dire necessariamente che tutto vada per il verso giusto. E' il senso dell'allarma lanciato da Alessandro Santi, presidente di Federagenti. "Gli stessi porti - insiste Santi - sono parte caratterizzante di un sistema logistico italiano che ha prestazioni mediocri galleggiando al 19° posto mondiale del Logistic Performance Index (World Bank) dietro a tanti paesi europei; e questo sistema logistico inefficiente costa alle imprese italiane l’11% in più rispetto a un competitor europeo (CDP). Il sistema portuale italiano si colloca fra i primi 25 al mondo per numero di toccate di navi container ma è al 18° posto per efficienza di sbarco con un tempo medio di 0,92 giorni contro la media di 0,71 indicata da UNCTAD”.
Secondo Santi c’è invece da rimboccarsi le maniche soprattutto nel momento attuale in cui i porti possono far fare il salto di qualità e fornire al sistema economico nazionale le armi per un rilancio. “Ma il sistema portuale italiano – prosegue – è sempre quello che per ottenere risposte deve confrontarsi con 8 ministeri diversi e dove la parola semplificazione è la più invocata da tutti ma che nei fatti non trova applicazione”. Secondo Federagenti l’esempio più evidente che è stato richiamato anche durante l’assemblea di Assoporti è relativo ai dragaggi: in tutti i porti europei, dragare i fondali rientra nell’ordinaria amministrazione gestionale dei porti, pur nel rispetto di sicurezza e ambiente. Nei porti italiani i dragaggi diventano invece degli incubi, attività straordinarie prive di ogni certezza in termini di tempi ma anche di fattibilità: ciò determina perdita di competitività e strategicità dei porti stessi, a vantaggio spesso di porti extranazionali.
Ma dei porti non si parla neppure a livello governativo o parlamentare. Poco importa che oggi nel totale riassestamento delle catene logistiche, si determina la necessità di maggiore efficienza e maggiori pescaggi visto che anche le navi che trasportano materie prime (grano, acciaio, argille) saranno più grandi perché impegnate su rotte alternative al Mar Nero come India, Brasile, Malesia, Canada e necessiteranno quindi di porti più “profondi” e competitivi. Venezia porto simbolo dell’immobilismo ambientale ha subito un ennesimo stop in questi giorni da parte della commissione VIA/VAS sul Piano Morfologico, evidenziando una volta di più i danni derivanti da competenze sparse su più ministeri. “Ma sui porti – conclude Santi – no news, good news. Forse”.
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