Le fragili chances di Berlusconi

di Paolo Lingua

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Le fragili chances di Berlusconi

Ufficialmente, per così dire, l’area del centrodestra, partiti minori compresi, ha confermato Silvio Berlusconi a Presidente della Repubblica. Ma quanto è forte e quanto è fragile questa indicazione di schieramento? Apparentemente appare blindata, ma si ha la sensazione che un po’ tutti i sostenitori, accanto alla porta serrata, abbiamo chiavi e porticine d’uscita di riserva. A cominciare da Fratelli d’Italia e dalla Legas, che, tutto sommato, hanno sottobanco, ma neppure in maniera troppo nascosta una sorta di “piano B”, anche perché sono convinti che la candidatura dell’ex Cavaliere abbia in sé della grandi fragilità: l’età, la salute, un cursus politico, economico, nonchè comportamenti personali discutibili, situazioni processuali ancora in corso e così via. Ma il centrodestra ha in mente la strategia di imporre un candidato vicino alla propriasm area per poi condizionare, magari tra un anno e mezzo, l’esito delle elezioni politiche che verranno a scadenza, puntando sul superamento di governi di coalizione come l’attuale.

Si tratta di una manovra complessa che deve puntare a trovare una sorta di accordo, magari neppure alla pari, con l’area del centrosinistra ma che tenga insieme tutti gli schieramenti, compresi gli spazi oscillanti che vedono in movimento piccole formazioni come quelle di Toti e dei suoi nuovi alleati e persino Italia Viva di Matteo Renzi, che appare sempre più lontana dagli spazi del Pd e dei suoi storici alleati. Ma la domanda che incombe in queste ore riguarda Silvio Berlusconi. Crede davvero alla sua candidatura? Si tratta d’una sup0ertattica per tenere lontane le elezioni che lui teme molto per la fragilità di Forza Italia, oppure si tratta davvero d’un guizzo finale di egocentrismo e di supervanità personale, caratteristiche temperamentali ben note dell’ex Cavaliere?

Al di là del “dream” di potere e di successo finale, che fa certamente parte del progetto di Berlusconi, è assai probabile che lo stesso protagonista della candidatura a  Capo dello Stato abbia in mentre strategie alternative, quali quella di condizionare una eventuale candidatura alternativa ma a lui vicina e in particolare puntare a evitare elezioni in primavera. Per la verità, forse con la sola eccezione di Fratelli d’Italia, tutti i partiti oggi temono il confronto delle urne. Ci sonnom troppe fratture e troppi schieramenti che sono oggi come rappresentanza in Parlamento molto al di sopra delle proprie forze a seguire i sondaggi : da Renzi ail M5s, per non parlare die partitini di centro e di centrosinistra. Ma lo stesso Pd potrebbe crescere ma lo farebbe a spese dei propri alleati, non raggiungendo quindi alcuna maggioranza.  

Lo stesso Salvini ha perduto la leadership del centrodestra e non vuole cedere alcun primato alla Meloni. Ecco perché, al di là di incontro più o meno segreti, l’esito dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica  è davvero incerto e dubbioso. Non va dimenticato che molti partiti hanno perduto decine di parlamentari e oggi i gruppi e gruppatti di dissidenti e di secessionisti sono molto consistenti e difficilissimi da governare così come facili da conquistare (di qui gli spregiudicati movimenti di Berlusconi, anche questi assai discutibili).

Passando al fronmte opposto non è facile capire come si potrà muovere il centrosinistra e in particolare come giocherà le sue pedine Enrico Letta che non ha a sua volta la maggioranza dei parlamentari.  I piccoli alleati della sinistra estrema , si sa, sono rigidi, mentre il M5s è spaccato in due se non in tre o quattro parti, di fatto. Matteo Renzi è oscillante: tra un accordo con il Pd (è contrario a Berlusconi) e un aggancio con quella parte di area di centro che fa riferimento a Toti (che pur venendo da quella formazione ha fatto capire di nutrire qualche dubbio a sua volta sulla solidità della candidatura di Brlusconi).  Lo stesso Pd comunque non è omogeneo al di là delle dichiarazioni generiche di scelta “al di sopra delle parti”.

Resta a questo punto l’incognita di Mario Draghi. L’attuale Presidente del Consiglio appare indispensabile al suo ruolo e a tenere insieme una difficile coalizione. Ma soprattutto appare determinante a parte a compimento la politica sanitaria e la ripresa economica. E il suo ruolo è fondamentale a evitare le temute elezioni anticipate. Ma, se non si trovasse alcuna intesa o alcun nome alternativo per il Quirinale, Draghi sarebbe certamente il più forte candidato, l’unico in grado di passare entro le prime tre votazioni. E forse lui stesso ci ha fatto sopra più di un pensiero. Ma al tempo stesso il governo potrebbe sbriciolarsi: esiste un possibile candidato alternativo al posto di Draghi alla testa dell’esecutivo? Una situazione del genere scatenerebbe ancora di più lo scontro politico sinora tenuto a freno a stento, anche per la fragilità dei partiti e dei loro leaders. Ecco perché, al di là delle sortite giornaliere, politiche e mediatiche, si camminerà ancora per giorni, salvo miracoli, nel buio più fitto.