La riapertura: crisi e paure

di Paolo Lingua

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La riapertura: crisi e paure

Stiamo vivendo un nuovo momento confuso, tra decisioni e indecisioni di Stato, Regioni e Comuni (tutti contro tutti) per quel che riguarda il complesso mondo del terziario, quello al contatto quotidiano dei cittadini. Vale a dire: negozi di ogni genere merceologico e, punto più delicato, ristoranti, trattorie, pizzerie e bar. Qualcosa decollerà a partire dal 4 maggio; altri decolleranno dal 18 maggio; infine, si dovrebbe tornare alla riapertura generale (eccetto cinema, teatri, luoghi di spettacolo) dopo il 1° giugno. Tutti dovrebbero rispettare le distanze, portare mascherine e guanti e organizzarsi sul piano delle disinfezioni di base e di continuo aggiornamento. Detto così sembra semplice. Ma la realtà è assai più complessa. Da Roma si punta a una ripartenza frenata , con passaggi a ondate, di volta in volta. Molte regioni, invece, sono sospinte (con esponenti politici alla ricerca del consenso locale) ad accelerare le riaperture. Per il semplice motivo che incombe la stagione delle ferie e del turismo e tutti gli operatori della complessa filiera (cui vanno aggiunti i negozi che vanno dall’abbigliamento ai prodotti gastronomici tipici) hanno ormai l’acqua alla gola e quindi premono a testa bassa nella speranza di un recupero parziale di guadagni mancati nella primavera. Molte regioni, poi, come la Liguria, sono alla vigilia di importanti campagne elettorali e quindi alla ricerca di sostegni e di consensi, in parte attenuati dalle contraddizioni della gestione del coronavirus e della organizzazione della sanità. C’è nel mondo del commercio e dell’artigianato una forma di esasperazione, accentuata dalle difficoltà di recuperare crediti dalle banche, nonostante le rassicurazioni romane. Si parla, sia pure ancora in termini generali, di oltre un terzo delle piccole imprese che non sarebbero più in gradi di riaprire. E se, come pare, occorrerà fissare tempi di accesso e tagliare disponibilità e spazi, anche chi riaprirà sarà costretto a tagliare parte dell’organico dei dipendenti. Il che vorrà dire un incremento impressionante della disoccupazione. Per molti osservatori economici il 2020 è destinato a passare alla storia come un anno di crisi economica. D’altro canto il coronavirus non è ancora calato in maniera netta e vistosa. Non solo: anche a detta degli specialisti del settore viene data quasi per sicura una ripresa vivace delle infezioni a partire dall’autunno. Il che potrebbe a questo punto imporre al governo e alle istituzioni un ritorno a una disciplina più severa dei comportamenti e degli spostamenti dei cittadini.

Certo, le proteste che hanno scosso tutta l’Itala e anche la Liguria con le accensioni delle insegne di locali e ristoranti furiosi e disperati si possono capire. Migliaia di piccole imprese commerciali e altrettante migliaia di lavoratori dipendenti rischiano il fallimento, la chiusura e il crollo sociale ed economico, con tutta una serie di effetti-domino collegati fisiologicamente. Ma se forse con qualche accorgimento e gli ingressi dilazionati è possibile una parziale ripresa del commercio tradizionale, il settore turistico, come abbiamo già sottolineato in passato, è quello più a rischio. E’ difficilissimo disciplinare il movimento negli stabilimento balneari ed è complicato ridisegnare una mappa delle collocazioni all’interno dei ristoranti e degli altri locali dello stesso genere. Anche perché la disposizione di un nuovo “design” implica spese che poi, in meno di un anno, nella speranza della scoperta di un vaccino efficace, si dimostreranno inutili. Per cui il locale avrebbe la beffa di un aggravarsi di spese nella prospettiva di lasciare a casa più d’un terzo dei dipendenti e di andare comunque, almeno per un anno verso la perdita di due terzi degli incassi. Inoltre non va dimenticato che buona parte dei frequentatori di questi locali saranno trattenuti dalla paura di contagi e infezioni e che potrebbero avere nuovi focolai a partire, come sostengono alcuni esperti, addirittura da luglio o comunque da settembre. La realtà cruda è che se non si troveranno vaccini efficaci sarà difficile avere le idee chiare e optare per decisioni efficaci. Per adesso siamo destinati a navigare nel mare dei sargassi e dell’incertezza. “sempre la confusion delle persone, principio fu del mal delle cittadi…” Diceva Dante.