L’epilogo (parziale) di un’era di mediocre edilizia

di Paolo Lingua

3 min, 22 sec
L’epilogo (parziale) di un’era di mediocre edilizia

Non c’è molto da rallegrarsi con gli ultimi colpi di piccone sul complesso edilizio della cosiddetta “diga” di Begato. Vedremo nei prossimi anni che cosa potrà nascere. La vicenda di Begato, come tante altre decollate a Genova dalla fine degli anni Settanta a tutti gli anni Ottanta, ha un marchio esteticamente, ma anche socialmente negativo. L’insieme – e vedremo quali quartieri realizzati -è stato frutto d’un calo del gusto e e dello stile edilizio a Genova, un singolare “post” che ha seguito una involuzione che è stata l’epilogo del “boom” di ricostruzione del dopoguerra. Sovente certi prodotti sono stati la singolare collaborazione di giunte di sinistra con costruttori di destra, uno dei fenomeni singolari del decennio cosiddetto “di Cerofolini”.

Certamente la cosiddetta “diga” ho rovinato, anche dal punto di vista paesistico, tutta la zona di Begato e ha condizionato il paesaggio della Valpolcevera. All’epoca, quando cominciarono le costruzioni, non mancar9ono le critiche, ma furono di fatto ignorate. Nel frattempo a Genova era stata ristrutturata tutta la zona attorno alla Lanterna; era decollato il quartiere Cep di Prà con annesse le cosiddette “lavatrici”. Poi c’era stata la demolizione e la creazione di grattacieli a Corte Lambruschini, per non parlare della discussa ricostruzione del teatro Carlo Felice, frutto d’un complesso accordo politico alla vigilia della fine della Prima Repubblica.

E vale la pena di ricordare – come prodotto di quel singolare trentennio – anche della Costa degli Ometti. La serie di realizzazioni edilizie e immobiliari che hanno abbracciato Genova sino all’inizio degli anni Novanta è frutto d’un discorso complesso e d’una serie di accordi – politici ed economici – che hanno attraversato tutte le aree ideologiche e un po’ di tutti i partiti. Era finito il “boom” industriale e finanziario del primo dopoguerra, giocato sull’asse Confindustria-Iri, che coinvolgeva anche le banche e gli istituti di credito controllati dal capitale pubblico. Si tratta di un discorso complesso che meriterà un giorno, a bocce ferme, di essere studiato, approfondito e giudicato sino in fondo.

D’altro canto, negli anni successivi, abbiamo invece assistito a un continuo “lancio” di progetti – soprattutto infrastrutture  - gettati in cielo come razzi e poi seguiti mentre si spegnevano. Proprio in questi giorni si torna a parlare della possibilità   di realizzare la famosa “Gronda” autostradale, assopita negli anni Novanta, e poi ripresa con alti e bassi a partire dagli anni Duemila, con esitazioni del Pd e opposizione da parte del M5s. Per non parlare del raddoppio ferroviario della Genova-Ventimiglia, in corso dall’immediato dopoguerra e persino – con sbalzi e lunghi silenzi – del possibile tunnel stradale da realizzare sotto il porto di Genova.

Purtroppo Genova e i genovesi da sempre si portano dietro la poco brillante abitudine di lanciare progetti e idee che poi o si fermano o si confondono o, comunque, impiegano decenni a diventare realtà. L’unico modello che per il momento che sembra prendere velocità resta il Waterfront di Levante e si spera in una partenza rapida per la realizzazione dello spostamento a mare della diga foranea  e del ribaltamento a mare della Fincantieri, interventi di cui ha urgenza  l’economia del territorio.

Ancora una volta resta come vero e autentico modello, quasi un monumento storico, la ricostruzione a tempo di record  dell’ex Ponte Morandi con la gestione commissariale. Una soluzione operativa che tutti – a parole – lodano e invidiano ma che, per il momento, non sembra trovare concrete imitazioni, perché emergono subito mille inciampi e la rinascita d’una burocrazia solo per breve tempo addormentata. Ma anche i complessi edilizi della “Diga di Begato”, senza commissario, furono realizzati velocemente. Ma quello non è un record da ricordare. Semmai da dimenticare senza rimpianto.