Infermieri i più colpiti dalla violenza sugli operatori sanitari: 13 al giorno
di Redazione
La Federazione degli infermieri alla Camera chiede di rinforzare il contenuto del disegno di legge: "Tolleranza zero e inasprimento delle pene"
Ogni anno circa 5mila infermieri subiscono violenze fisiche o verbali: circa 13-14 al giorno. L’89,6% degli infermieri – in prima linea ad esempio nel triage ospedaliero che “accoglie” i pazienti e li smista nella struttura con tempi spesso lunghi non dovuti però alla professionalità dell’operatore, ma all’organizzazione - è stato vittima, secondo una ricerca condotta dall’Università di Tor Vergata di Roma, di violenza fisica/verbale/telefonica o di molestie sessuali da parte dell’utenza sui luoghi di lavoro.
In base ai dati rilevati dall’Università di Tor Vergata (Roma) si può dire che praticamente circa 240mila infermieri su 270mila dipendenti durante la loro vita lavorativa hanno subito una qualche forma di violenza, sia pure solo una aggressione verbale. Di tutte le aggressioni (secondo l’Inail) il 46% sono a infermieri e il 6% a medici (gli infermieri sono i primi a intercettare i malati al triage, a domicilio ecc. e quindi quelli più soggetti).
Durante l’audizione di oggi alla Camera, dinnanzi alle Commissioni riunite Giustizia e Affari Sociali, nell’ambito dell’esame dei progetti di legge recanti "Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni", rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini degli infermieri che conta oltre 450mila iscritti e dell’Ordine degli infermieri hanno illustrato le loro richieste per il disegno di legge:
- tolleranza zero verso la violenza nelle strutture sanitarie. L’inasprimento delle pene deve servire soprattutto a far sì che chi compie atti di violenza sappia (quindi massima informazione) sta perpetrando un reato severamente punibile;
- regolamentare l’uso dei social nei luoghi di lavoro e rispetto all’attività professionale per evitare commenti, furti di identità e proposte inappropriate (ne sono vittima circa il 12% dei professionisti coinvolti che nel caso degli infermieri sono per il 77,42% donne);
- snellimento delle attese stressanti in pronto soccorso con meccanismi di smistamento alternativi a bassa intensità e gestione infermieristica per ridurre la tensione e la reattività dei pazienti anche grazie all’applicazione dei nuovi codici già previsti per la classificazione delle urgenze;
- pene anche più severe per chi aggredisce verbalmente e fisicamente un professionista sanitario donna sul luogo di lavoro, prevedendo l’aggravante del pericolo che possono correre gli assistiti;
- maggiore formazione del personale nel riconoscere, identificare e controllare i comportamenti ostili e aggressivi prevedendo anche appositi corsi Ecm (educazione continua in medicina);
- maggiore informazione e formazione perché siano denunciate da tutti e in modo chiaro le azioni di ricatto e le persecuzioni nell’ambiente di lavoro rispetto alla posizione e ai compiti svolti;
- predisposizione di un team addestrato a gestire situazioni critiche, in continuo contatto con le forze dell’ordine soprattutto (ma non solo) nelle ore notturne nelle accettazioni e in emergenza;
- lo stesso team dovrà anche sensibilizzare i datori di lavoro a non “lasciar fare”, ma a rifiutare la violenza anche prevedendo sanzioni;
- stabilire procedure per rendere sicura l’assistenza domiciliare prevedendo anche la comunicazione a un secondo operatore dei movimenti per una facile localizzazione;
- evitare per quanto possibile che i professionisti sanitari effettuino interventi “da soli”, ma fare in modo che con loro sia presente almeno un collega o un operatore della sicurezza;
- riconoscere lo status di pubblico ufficiale, ritenendolo strumento indispensabile per arginare le violenze;
- inserire la predisposizione delle opportune misure per la sicurezza degli operatori sanitari e per prevenire atti di violenza tra gli obiettivi individuali del Direttore generale dell’azienda.
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