Il 76% delle aziende europee colpito da problemi nelle supply chain, nuove strategie emergono
di Carlotta Nicoletti
Un’indagine Maersk rivela come crisi geopolitiche e cambiamenti climatici incidano sui costi e spingano le aziende verso fornitori vicini
Negli ultimi 12 mesi, oltre tre quarti delle aziende europee che collaborano con Maersk hanno affrontato problemi nelle catene di fornitura, con forti ripercussioni economiche. Secondo un’indagine di Maersk, tali disagi derivano da crisi geopolitiche e cambiamenti climatici, spingendo molte imprese a cercare fornitori più vicini, tra cui la Turchia, per garantire stabilità, come ha evidenziato Shipping Italy.
Il 76% delle aziende europee interpellate segnala discontinuità nei rifornimenti nell’ultimo anno. Di queste, il 22% ha subito più di 20 interruzioni, e circa un terzo ha avuto difficoltà nel reperire materie prime. Tali problemi, secondo il 58% degli intervistati, hanno portato a costi superiori al previsto.
Gli eventi geopolitici emergono come il principale fattore di rischio per le supply chain: l’80% delle aziende ritiene che le crisi internazionali ostacolino l’affidabilità delle forniture. Anche i cambiamenti climatici giocano un ruolo crescente, contribuendo all’instabilità.
Oltre la metà delle aziende considera fonti alternative per evitare dipendenze critiche. Il 33% degli intervistati valuta paesi europei o vicini all’Europa, con una particolare preferenza per la Turchia, grazie alla sua vicinanza geografica, alla forza lavoro qualificata e alle infrastrutture moderne.
Dopo la Turchia, Egitto, Polonia, Marocco e Romania sono i paesi più considerati. L’obiettivo generale è ridurre la dipendenza dall’Asia e favorire il commercio intra-europeo, aumentato dai 2,9 trilioni di dollari del 2020 ai 4,1 trilioni nel 2023.
Maersk evidenzia che, sebbene una completa autosufficienza europea sia ancora lontana, l’Europa sta lavorando per limitare la vulnerabilità delle supply chain, favorendo al contempo una maggiore stabilità economica regionale.
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